F1 Story | Singapore 2010, la prova di forza di Alonso
Alonso ha un buon rapporto con la pista di Singapore. Nel suo primo anno da ferrarista, riuscì a compiere l’impresa sul circuito di Marina Bay, stracciando gli avversari. Ecco il ricordo di quella giornata.
Anno di grazia: 2010. Vettura: Ferrari F10. Pilota: Fernando Alonso. Questi gli elementi principali dello show ammirato il 26 settembre sul circuito di Marina Bay a Singapore. Un mix di tenacia dello spagnolo e di adattamento della vettura ad un tracciato anacronistico, circondato da muretti che non perdonano il minimo cenno di distrazione.
Sin dalle qualifiche l’asturiano e la F10 dimostrano di gradire particolarmente il circuito. Miglior tempo nel Q1, mentre il compagno di team Massa è costretto ad alzare bandiera bianca a seguito di problemi di natura elettronica; tre decimi di distacco da Vettel nel Q2 e pole position nel Q3. Un sabato perfetto per la Scuderia Ferrari, proiettata con Alonso, verso la conquista di un mondiale che, invece, si trasformerà in un amaro calice della sconfitta.
In gara, la prima guida Ferrari scattò egregiamente allo spegnersi dei semafori, seguito da Vettel, Hamilton, Button e Webber. Alle loro spalle la prima vittima del tracciato fu Liuzzi. L’italiano baciò con la posteriore sinistra un muretto danneggiando irreparabilmente la propria Force India. Fu subito chiamata ad intervenire la Safety Car, vettura onnipresente sul tracciato di Singapore. Nel gruppo di testa, unico driver ad optare per il pit stop fu Webber. La decisione del muretto Red Bull, alla fine, tagliò fuori dalla corsa il pilota austrliano, costretto a rientrare nel traffico in un tracciato poco incline alle rimonte dal fondo.
Alla ripartenza della gara iniziò la lotta tra Alonso e Vettel. Un duello rusticano, fatto di giri veloci ripetutamente abbassati dall’uno e dall’altro, che li fece allontanare dal gruppo di inseguitori impossibilitato a reggere quel ritmo e quella pressione. Una gara di strategia e di marcamento a uomo che vide lo spagnolo ed il tedesco rientrare ai box contemporaneamente ed uscire nelle medesime posizioni di ingresso.
Al giro numero 30 fu nuovamente protagonista la Safety Car. Kobayashi, autore di un ottimo decimo tempo in qualifica a bordo della Sauber motorizzata Ferrari, andò a sbattere all’altezza della chicane del ponte, seguito da Bruno Senna che picchiò incastrando la HRT nelle barriere.
Tre giri dietro la vettura di sicurezza ricompattarono il gruppo e surriscaldarono gli animi. All’ennesima ripartenza, Webber si vide rallentare da una Virgin. Alle sue spalle Lewis Hamilton intuì il momento di difficoltà e tentò l’attacco all’esterno della curva 7. La difesa di Webber fu durissima. Il contatto tra i due fu quasi impercettibile ma ebbe conseguenti devastanti per la McLaren dell’anglocaraibico costretto al ritiro, mentre l’australiano riuscì a concludere la gara, seppur con il cerchione danneggiato e lo pneumatico a rischio di perdita di pressione.
I giri finali videro splendido protagonista Robert Kubica. Il polacco fu, infatti, costretto ad un pit stop improvviso a causa di una foratura. Una sfortuna per Robert, ma una manna dal cielo per gli spettatori, estasiati nell’ammirare il pilota Renault infilare senza pietà i rivali con gomme alla frutta.
In testa alla gara Vettel conosceva ormai a memoria gli scarichi della F10 di Alonso. Tentò ogni tipo di sorpasso, ogni mossa psicologica per destabilizzare un Fernando mai così in palla come quel giorno. Non ci fu niente da fare per il tedesco, penalizzato anche da Heikki Kovaleinen che, negli ultimi giri, decise di anticipare i fuochi di artificio posteggiando la Lotus ormai trasformata in un falò accanto al muretto box del rettilineo principale ed impedendo, di fatto, la possibilità di effettuare sorpassi in quel punto.
Allo sventolare della bandiera a scacchi Alonso ed i meccanici della rossa erano consapevoli dell’impresa compiuta. Una impresa che avrebbe proiettato lo spagnolo ancora più in alto in un mondiale avvincente.