Martini, molto più di un semplice sponsor nel Motorsport
Ripercorriamo l’epopea nel Motorsport – soprattutto in Formula Uno – della Martini, impresa di bevande di origini italiane poi divenuta Martini Racing.
Ormai è ufficiale: Martini torna a essere “Racing” e sponsorizzerà per i prossimi anni il team Williams di Formula Uno.
La notizia era nell’aria ormai da settimane e – con l’avvenuto accordo tra le parti – il team Williams potrà avvalersi di un partner storico nel campo del motorismo sportivo a quattro ruote, oltre alle ingenti somme che il gruppo Bacardi (di cui fa parte Martini) investirà nella squadra di Sir Frank. Ma questa unione non avrebbe avuto modo d’essere se non fosse stato per un’inziativa – si pensava estemporanea – della Martini in collaborazione con Porsche, in Germania, nell’ormai lontano 1968.
Sì, perché il seme racing del celebre marchio di bevande è stato piantato in terra teutonica, ma in quell’anno in pochi diedero peso a quell’avvenimento. Era un anno di proteste, di rivolte. Chi mai avrebbe potuto dare il giusto peso a una manifestazione motoristica appoggiata da un marchio di bevande? In pochi. Ma avrebbero dovuto.
Il primo, vero e internazionale segnale delle intenzioni di Martini & Rossi lo troviamo nel 1971, appena due anni dopo l’evento di Hockenheim. Una Porsche factory 917 LH (Langheck, codalunga) affidata agli arti di Willi Kauhsen e Gerard Larrousse nel campionato prototipi riuscì a strappare il secondo posto dell’edizione di quell’anno della 24 Ore di Le Mans. La particolarità era appunto legata alla coda lunga de prototipo tedesco, creata ad hoc per farla volare sui rettilinei della Sarthe, ma anche per la particolare livrea, mai vista sino a quell’anno. Martini aveva deciso di supportare il programma Porsche nel mondiale, in cambio di una vettura portante i colori dell’ormai ex marchio italiano. E allora ecco la 917 vestirsi di un elegantissima carrozzeria contraddistinta da due differenti tinte di blu, divise da una sgargiante banda rossa e quella scritta che da questa stagione rivedremo in Formula Uno: Martini.
A proposito di Formula Uno, un marchio così importante come Martini non avrebbe potuto snobbare una categoria – allora non ancora “la” categoria – regina del Motorsport a quattro ruote. Infatti il nostro percorso si ferma alla tappa 1972. Sì, perché già l’anno successivo la Martini appare sulle carrozzerie del piccolo Tecno F1 team, nella gara di debutto in Belgio. Alla guida della PA123/3 il nostro Nanni Galli. Il primo anno non fu fortunato, ma l’anno successivo Chris Amon raccolse il primo e unico punto della scuderia, ancora al Gran Premio del Belgio. Le cose, però, erano destinate a finire. Uno screzio tra Martini e i proprietari del team distrusse l’accordo tra le parti e pochi mesi dopo il team chiuse per sempre le serrande dei box.
La collaborazione con Porsche per il binomio vincente nel mondiale Endurance continuava a gonfie vele sulla 911 Carrera, ma l’avventura in Formula Uno di Martini stava per raggiungere l’apice.
Facciamo un piccolo passo indietro. Il 5 agosto del 1962 debutta in Formula Uno un nuovo costruttore di vetture per la categoria, la cui scuderia prende il nome del fondatore. Il suo nome era John Arthur Brabham, meglio conosciuto come Jack, tre volte campione del mondo di F1. Tornando al nostro viaggio, non possiamo esimerci dal ripercorrere quanto accaduto dall’inverno del 1974 sino al 1978, proprio in quel team, dapprima chiamato MRD, ma poi rinominato Brabham per evidenti problemi di pronuncia in lingua francese.
All’inizio degli anni ’70 il team passa nelle mani di un signore molto conosciuto anche ai giorni nostri, tale Bernie Ecclestone. Dal 1974 il ruolo di progettista sarà affidato a uno dei più grandi ingegneri di tutti i tempi per quanto riguarda il Motorsport, Gordon Murray, che realizza la splendida e bianchissima BT44. Vettura che aprirà una stirpe vincente. Proprio nell’anno di debutto, la BT44 coglie tre vittorie, due con l’argentino Carlos Reutemann e una dal brasiliano Carlos Pace, nella gara di casa. L’exploit del team di Ecclestone e la carrozzeria completamente bianca convincono la Martini a puntare sulla Brabham a partire dall’anno successivo. Sarà una mossa vincente: la Brabham BT44 versione “B” va a podio per le prime sette gare di fila, vincendo due gare (una a testa per Reutemann e Pace) e conquistando il secondo posto finale nel mondiale costruttori.
L’epopea del binomio tra il team e l’impresa di bevande prosegue anche nel 1976, ma la stagione fu difficile, con soli tre quarti posti, poi più nulla. Andrà meglio l’anno dopo, nel 1977, ma poche settimane dopo l’inizio del mondiale muore Carlos Pace in un incidente aereo. Il team non si scompone e coglie tre podi con la BT45B.
1978. E’ l’anno di grandi cambiamenti in seno al team. Arriva Niki Lauda e il nome ufficiale della scuderia muta in Brabham Parmalat F1 Team. Martini non è soppiantata, ma ridimensionata sì. Appare solo nelle fiancate della nuova BT45C, che coglie due podi nelle gare iniziali proprio con il grande austriaco. Poi arriva la BT46. La versione “B” è conosciuta come la vettura turbina per la ventola posta al termine del retrotreno, che creava una depressione tale da incollare la vettura al suolo. L’idea venne da due personaggi che facevano parte del pool di ingegneri diretti da Murray, tali David Cox e Gary Anderson. La vettura debuttò al Gran Premio di Svezia e dominò in lungo e in largo. Vinse. Eccome, ma venne bandita dopo una sola gara perché la soluzione della turbina venne ritenuta fuori legge. Ecco dunque debuttare la versione “C”, ma non fu più la medesima vettura e la musica cambiò. Assieme alle prestazioni della Brabham cambiò anche la Martini. Infatti l’impresa di bevande decise di abbandonare la Formula Uno, ma per poco.
Già nel 1979, infatti, la ritroviamo imbevuta nella livrea verde della Lotus, nel frattempo diventata Martini Racing Team Lotus. Una dichiarazione di intenti da parte del team, ma anche dell’azienda italiana. Quell’anno tutti si aspettavano molto dalla Lotus 80, ma il comportamento difficile della monoposto mise in crisi Andretti e Reutemann (arrivato dalla Ferrari al termine del 1979) e l’anno si concluse senza successi. Martini abbandonò subito il team e la F1, mentre per Lotus fu l’inizio della fine.
Il percorso di Martini nel Motorsport ha molte altre tappe. Tutte più o meno vincenti. Dal 1983 fu partner della Lancia del Mondiale Rally, in cui fecero entrambe incetta di titoli con Stratos e Delta; nel 1991 ecco le strisce blu e rosse comparire sulle Alfa Romeo, prima nel Turismo italiano, poi internazionale, rimanendoci per tanti anni.
Nel 1999 Martini decide di sposare un altro progetto ambizioso, legato al team ufficiale Ford nel mondiale Rally. La livrea ricorda molto quella vista sulla Brabham nel 1974: completamente bianca, ornata dalle consuete bande blu chiaro e scuro, divise da una striscia centrale rossa. A completare tutto, l’arrivo del funambolico e fenomenale Colin McRae. Tanti titoli sfiorati, altrettante vittorie, poi McRae si ritirò e Martini seguì l’esempio dello scozzese.
L’ultima traccia significativa che abbiamo di Martini risale al triennio 2006-2008. E’ la Ferrari a ospitare il marchio sui musetti della F248 F1, F2007 e F2008. Nei tre anni di partnership Ferrari e Martini vincono tre titoli, due costruttori (2007 e 2008) e uno piloti con Kimi Raikkonen nel 2007.
Il seme della Martini Racing piantato quel giorno del 1968, come abbiamo visto, è fiorito più e più volte, presentando sempre gemme di rara bellezza che ne hanno impreziosito il palmarès, nemmeno fosse un vero e proprio team di Formula Uno. Stiamo andando verso la primavera e la Williams è il terreno giusto per far rifiorire un marchio ormai entrato nella leggenda delle corse. Speriamo doni ancora i medesimi incanti degli ultimi quarantasei anni, rimasti nella storia del Motorsport. Bentornata, Martini Racing.