Monaco, perché ci corrono? Le ragioni di un Gran Premio
È Domenica pomeriggio e fuori, stranamente, piove. Ho appena spento la TV e l’ormai religioso Canale 206 di Sky giace taciturno: neppure la prodigiosa interattività dello strumento tecnologico, seppur gustosa, è in alcun modo riuscita a salvare una delle gare più noiose delle ultime stagioni. In me si agitano sentimenti misti: mentre nei giorni antecedenti la gara avrei venduto la macchina e la casa per assistere al GP di Monaco dal vivo, ora ho la sensazione di avere buttato via un paio d’ore del mio prezioso weekend. Una domanda ronza sorniona: ma perché ci corrono ancora?
È importante, dunque, chiarire subito un punto. Monaco non ha nulla a che fare con le corse automobilistiche, o meglio, non ha più niente a che fare con le corse automobilistiche. Non è un circuito per la Formula 1 moderna, non è un circuito per il motorsport moderno. È scomodissimo per i team, è pericoloso per i piloti, obbliga a infiniti trenini dietro macchine impossibili da superare, non premia l’aerodinamica, non premia i motori, non premia la strategia ed è assolutamente inconcepibile per queste gomme.
Monaco, oltre ad essere la seconda gara più longeva dell’intera storia della F1 – dopo Monza – è la più prestigiosa vetrina nel parco circuiti di Bernie Ecclestone. Un piccolo gioiello arroccato sulla costa fra la Francia e l’Italia all’interno del quale, dicono le stime della Comunità Europea, stagnano quasi tremila miliardi di euro di capitali detassati e per entrare nel quale (ovvero essere cittadini residenti) occorre aprire un conto corrente bancario da almeno 400.000 Euro.
Il Principato è un luogo totalmente a sè, sia nella quotidianità che negli equilibri della Formula 1, a cui Ecclestone è così legato da essere l’unico Stato che non paga all’organizzazione il fee di partecipazione, una cifra stimata fra i 28,1 e i 31,2 Milioni di euro per Gara. Questa somma di danaro, che le altre nazioni pagano per ospitare il GP nella speranza che esso funga da volano per il turismo e il terziario in generale, alla capitale monegasca non è richiesta: Monaco è troppo glamour, troppo ricca, troppo esclusiva di per sè. Questo la dice lunga sull’imprescindibilità di questo GP: Monaco, semplicemente, s’ha da fare. L’ACM (Automobile Club de Monaco) prende il 100% dei ricavi generati dalla gara, secondo un accordo firmato con Ecclestone in vecchia data e mai più discusso.
L’ACM ad esempio si aggiudica tutto il ricavato della vendita della pubblicità esposta per i 3.340 metri del circuito, una cifra che nel 2008 ha raggiunto i 16,3 Milioni di dollari, e di quelli nati dalla vendita dei 37.000 biglietti previsti per gli spettatori ufficiali. Ça va sans dire, ovviamente, che i biglietti stessi sono i titoli di ingresso più costosi di tutto il carosello mondiale, con prezzi che partono da 140 Euro e sfrecciano fino ai 2.700 Euro degli Yacth Tickets o ai 4.800 del Paddock Club.
Durante il weekend di gara la città (che misura neppure due chilometri quadrati) arriva ad ospitare fino a 200.000 persone, una cifra sei volte superiore al numero medio di abitanti del principato durante l’anno, con flussi di cassa per le attività cittadine che crescono a percentuali con due o tre zeri. È una festa nella festa, con lunghissimi party notturni, passerelle di star del cinema e del Jet Set internazionale mentre l’intera città fa bella mostra di sè, mostrandosi più splendente e più ricca che mai.
Per moltissimi aspetti, Monaco e il suo Gran Premio di Formula 1 sono la stessa cosa, poiché incarnano gli stessi ideali e sono portatori degli stessi valori di esclusività e di ricchezza. Sia il paddock del Circus che il minuscolo Stato sulla costa Francese sono realtà per pochi, quasi fiabesche, infinitamente lontane dalla quotidianità e dalla, appunto, tangibilità.
A cosa serve, dunque, il GP di Monaco ad Ecclestone e al Circus? A mantenere un rango, uno status: è la celebrazione della Formula 1 stessa, con sponsor e partner che si accapigliano per fare succedere proprio lì, di fronte agli occhi della crème Mondiale, le cose più sensazionali: dai diamanti sui caschi McLaren fino alla presenza dei Daft Punk nel box Lotus.
È un avvenimento assai “show-off”, come direbbero gli anglosassoni, ma proprio per questo anche una straordinaria dimostrazione di forza che il Circus dà tutti gli anni al globo intero. In un certo senso è singolare che questa stupefacente parata si consumi proprio in concomitanza con il Gran Premio più brutto (diciamolo, una buona volta) dell’anno, eppure stranamente logico. Vincere Monaco è speciale perché questi sono giorni speciali, uguali a nessun altro weekend dell’anno.
È domenica pomeriggio, fuori ha smesso di piovere. Ho cambiato idea. Vorrei comunque andarci, a Monaco, l’anno prossimo. Mi hanno detto che dentro al tunnel in realtà si gira in senso contrario a quello della F1. Chissà che effetto fanno la Portier e la Mirabeau curvando a sinistra?