Ferrari: il Cavallino nell’Olimpo dei brand più forti al mondo
Ferrari, il brand più potente del mondo. Quando il cavallino diventa il volano delle top companies del pianeta. Il caso UPS.
Bologna: 385.000 abitanti, 140 chilometri quadrati: un nugolo di tetti rossi incastonato fra la fine della Pianura Padana, la Romagna e gli Appenini. D’estate, un caldo insopportabile. D’inverno, neve e pioggia che neanche nel Minnesota. Tempo bizzoso, il nostro, complici le correnti del mare e la collina alle spalle. Per gli amanti dei cavalli, intesi non nel senso ippico, da qui e per un raggio di 50 chilometri questo è un posto storico e bellissimo, ricco di fascino e sapore. La motor valley, così la chiamavano la zona fra Bologna, Modena e la prima Romagna: Ducati, Morini, Lamborghini, Maserati, Malaguti, solo per citare alcuni marchi. Poi, ovviamente, Ferrari, sopra tutti. Già, perché anche per quelli di qui il Cavallino Rampante rimane un sogno. E per quanto te l’abbiano ripetuto, fa sempre strano pensare che a quindici minuti da casa tua sorga la fabbrica del Brand più potente del mondo.
Nel febbraio 2013 Brand Finance, la consultancy firm di Brand Evalutation più importante del pianeta, ha consacrato il marchio di Maranello come il “Brand più potente del mondo”. È un concetto nuovo, rivoluzionario finalmente, di importanza di brand. Il Cavallino infatti, pur non arrivando neppure vicino ai Brand più ricchi del pianeta (Apple è il più ricco, con 130 Miliardi di Dollari di fatturato) è stato consacrato come il marchio più amato, più rispettato dai consumatori e anche quello con la maggior ratio fra reddito del consumatore e probabilità d’acquisto. Insomma, un’istituzione. Sempre per Brand Finance, Ferrari è anche l’unico costruttore a ricevere la valutazione di AAA+ (la massima possibile): Porsche, ad esempio, è valutata AAA, Jaguar AA+, Mercedes AAA-. E’ un segnale importante e confortante, specie in un anno in cui, nonostante il -40% di vendite in italia a causa della crisi economica, la casa del Cavallino fa segnare un +8% globale e raggiungendo quota 2,4 Miliardi di Euro di fatturato, il punto più alto da 66 anni.
Come si collega tutto questo alla F1? Ovviamente, in molti modi. Per Ferrari più che per tutti gli altri costruttori, il destino della Casa e quello della Scuderia F1 sono legati a doppio filo. Ferrari è infatti, nonostante il gran polverone sollevato da Red Bull Racing negli ultimi anni, di gran lunga il team più Valuable (ovvero che si dovrebbe pagare di più per rilevare completamente) della Formula 1. Le “Rosse” valgono qualcosa come 1,15 Miliardi di Dollari stando a Forbes, mentre il Team di Milton Keynes si aggira intorno al mezzo miliardo. Con queste cifre Ferrari è complessivamente il 15esimo Team sportivo più ricco del mondo (il primo è il Manchester United, a quota 2,23 Miliardi), con un introito proveniente dalle sponsorizzazioni di 384 Milioni di Dollari. Agli sponsor va aggiunto inoltre il 2,5% dei ricavi del circus, una cifra che l’anno scorso valeva circa 17,5 Milioni di dollari e che gli altri Team non percepiscono. Unicamente all’interno di questo contesto, fatto di numeri ma anche e soprattutto di universi di valori, si devono inserire gli accordi che legano le Rosse alle maggiori aziende mondiali, come Hublot, Shell, Santander, Kaspersky e UPS. E proprio UPS, l’ultimo arrivato, ha una storia curiosa.
Le cifre dell’accordo fra lo spedizioniere e Maranello non sono state rese interamente note: si sa soltanto che l’accordo fra le due parti è a lungo termine e che le trattative sono andate per le lunghe, tanto che le mani sono state strette solo a metà febbraio. Di stanza negli Stati Uniti e con ben 12 anni di sponsorizzazioni nel motorsport, UPS ha deciso di avvicinarsi per la prima volta alla Formula 1 quest’anno, complice il rombante comeback che il circus sta avendo negli USA. “Non è solo una sponsorizzazione, è molto di più -ci ha tenuto a precisare Christine Owens, del Marketing Team UPS, ribadendo l’utilità B2B del brand- Ci dà la chance di dimostrare di essere i migliori al mondo, trasportando i materiali del Team per i 10 mesi del campionato dall’Europa all’Asia all’America con tempi strettissimi e necessità di sicurezza e puntualità massime”.
In realtà il discorso di Miss Owens, per quanto assai apprezzabile nell’ottica strategica della sponsorizzazione e narrativamente affascinante, ha basi poco fondate. Come ben sa chi segue la F1 da tempo, infatti, in caso di necessità logistiche aeree, tutte le strutture e i materiali dei Team volano sugli stessi voli DHL, un partner globale della F1 da molti anni. Per gli accordi presi con la FOM chi decidesse di fare volare i propri materiali con spedizionieri diversi andrebbe incontro a multe salate che ovviamente nessuno vuole pagare. Solo in caso di effettiva necessità, ovvero di comprovata insufficienza di spazio sui charter DHL, è possibile ricorrere ad altri voli. In buona sostanza, potete stare abbastanza certi che probabilmente, nel corso del Mondiale, neppure una chiave inglese del Cavallino volerà su aerei UPS.
Perché allora offrire ai microfoni dei media la pillola indorata da accordo B2B quando la realtà è diversa? La risposta è molteplice. In primo luogo non è detto che, pur non occupandosi direttamente della Formula 1, UPS non possa occuparsi del reparto Corse Clienti, ad esempio, o di altre necessità logistiche (voli Maranello – Colonia, verrebbe da dire col sorriso) del costruttore. In secondo luogo, e questa è la parte davvero rilevante, il posizionamento valoriale di Ferrari non necessita certamente di altre reason why. Comparire sul Cavallino già significa avere il meglio, ed essere il meglio. In tal senso la partnership con Ferrari è già di per sè una strategia B2B.
Essere partner del brand più potente del mondo significa porsi nell’Olimpo della propria categoria merceologica, con diverse spanne di distacco sulla concorrenza. Ecco la straordinaria forza della Ferrari e della sua storia: una storia in cui i valori e la passione, per fortuna, hanno saputo superare i soldi.