Trent’anni senza Gilles Villeneuve
Il 1982 doveva essere l’anno di Villeneuve. Gilles aveva svolto il suo compito da gregario nel 1979, sofferto la carenza tecnica l’anno seguente e messo una pezza al disastro Ferrari nel 1981, ottenendo due vittorie che sono entrate nella storia della Formula 1.
Eppure, il canadese iniziava a pensare che forse era arrivato il momento di lasciare la Ferrari. In squadra iniziavano a cogliersi certi favoritismi verso Pironi, che proprio non gradiva. Voleva essere lui la prima guida e puntare al mondiale. D’altronde, ne aveva tutto il diritto, dopo essersi messo pienamente al servizio della squadra negli anni precedenti.
In Sud Africa, prima prova del campionato ’82, si scatenò la polemica. I team inglesi baravano sul peso regolamentare delle vetture, costringendo Ferrari e Renault – uniche tra quelle regolari – agli straordinari in pista. Villeneuve corse con il cuore, come al solito, ma un contatto causato dalla Brabham di Piquet lo fece finire fuori. Qualcuno lo criticò di una difesa troppo dura, ma Gilles replicò: “Io corro per vincere, per ottenere il massimo e non per restare in pista, andare piano e arrivare ottavo”. In Brasile, per la seconda gara, vennerò squalificati Piquet e Rosberg per le solite irregolarità sulle vetture, regalando la vittoria a Prost. Seguì Long Beach, con Gilles terzo e poi squalificato per un’ala posteriore a due profili, a limite con l’interpretazione del regolamento. Insomma, una lotta più politica che corsaiola, di quelle che la F1 conosce ancora oggi.
Fu così che a Imola, quarta prova del mondiale, i team inglesi (ad eccezione di Tyrrel) non si presentarono in pista per protesta. Solo 14 vetture presenti al GP di San Marino ma, nonostante questo, oltre centomila persone erano sulle tribune per assistere alla tanto attesa vittoria di Gilles all’autodromo Dino Ferrari. Il direttore dell’autodromo – Roberto Nosetto – chiese di parlare con Villeneuve, Pironi, Arnoux e Prost alla vigilia delle prove ufficiali, chiedendo loro di fare un po’ di spettacolo in pista per far divertire la gente. Il “cinema”, come lo definirono allora. Tutti d’accordo, tranne Didier che volle pensarci per un’intera giornata, ma alla fine accettò: metà gara il “cinema” e poi ognuno per sé.
Prost si ritirò al sesto giro per un problema al motore. Al quarantaquattresimo giro salta anche il propulsore della seconda Renault, quella di Arnoux, alla Tosa ed il pubblico delirò: Villeneuve era in testa, Pironi subito scia. La Ferrari espose il cartello “Slow”, un chiaro segnale di congelare le posizioni. Ma Didier non se ne curò, ingaggiando un duello con Gilles. I due danno spettacolo, ma il canadese si rese conto che l’amico francese non gli lascerà strada. Lo capì troppo tardi.
Pironi tagliò il traguardo per primo, Villeneuve scese dalla vettura scuro in volto, buttando via un guanto come gesto di stizza. Accerchiato dai giornalisti disse: “Quando Arnoux si è fermato, ho rallentato perché credevo la battaglia fosse finita. Non avrei mai creduto che Pironi m’attaccasse, eravamo al limite con la benzina e il cartello dei box mi aveva fatto capire che non era il caso di fare pazzie. Pironi mi ha anche toccato. Invece di essere un professionista serio, ha preferito fare di testa sua. Vuol dire che se prima avevo un compagno di squadra, ora ho un rivale in più”. Parole di fuoco che misero la parola fine ad un’amicizia.
E’ con l’animo turbato che Gilles arrivò a Zolder, per l’incontro con il suo destino. Non aveva più gomme nuove, le aveva usate tutte nella prima mezz’ora del turno finale di qualificazione. Bastava un giro buono e un po’ di fortuna per stare davanti all’ormai avversario Pironi. Inutile negarlo, c’era un conto da regolare, non poteva rallentare. Neanche quando si trovò davanti la March di Jochen Mass, alla curva della Terlamenbocht. Un’incomprensione tra i due e le ruote delle vetture si toccarono – neppure tanto forte – ma tanto bastò per far decollare la Ferrari del canadese. La vettura numero 27 si alzò per l’ultima grande acrobazia in aria. Gilles venne scaraventato fuori dalla vettura. Fu l’ultimo volo dell’Aviatore.
“Gilles Villeneuve è morto senza riprendere conoscenza. E’ stata una morta <<spettacolare>>, con ripresa diretta in Tv, così come spettacolari erano tutte le sue imprese sportive, nella buona e nella cattiva sorte. Era lo showman di una Formula Uno povera di talenti. Viveva rischiando. Ha perso la vita probabilmente per un rischio mal calcolato o un malinteso con un altro pilota. Non lo sapremo mai. […[Sognava di conquistare un campionato del mondo con una macchina del Cavallino Rampante. Il suo sogno è rimasto a mezz’ora, infranto contro un paletto di una pista immersa in una foresta delle Ardenne. Il campione ci ha lasciati, resta ora il suo nitido ricordo, la leggenda delle sue gesta di eroe dei tempi moderni. Quella leggenda, però, era iniziata già da un pezzo.”, scriveva Pino Allievi sulla Gazzetta dello Sport il 10 Maggio ’82.
Ma le parole di Enzo Ferrari, furono le più significative: “Il mio passato è pieno di dolore e di tristi ricordi: mio padre, mia madre, mio fratello e mio figlio. Ora quando mi guardo indietro vedo tutti quelli che ho amato. E tra loro vi è anche questo grande uomo, Gilles Villeneuve. Io gli volevo bene”.