Dr. Seb e Mr. Vettel: lo strano caso del campione acerbo

Tutto è iniziato in Australia. Dopo le qualifiche, con Vettel iracondo che si lamenta della sua Abbey: “Siamo più lenti del previsto”.

In gara le cose vanno meglio, la RB8 sul ritmo c’è e il secondo posto finale fa tornare il sorriso al campione del mondo.

Poi arriva Sepang, dove il Seb campionissimo della scorsa stagione ha  lasciato tutto di un colpo spazio al pilota nervoso e schizzato della prima parte del 2010.

Ve lo ricordate? Impulsivo in pista, nervoso fuori. Aggressivo con il compagno di squadra e antipatico con i media. Un dottor Jekyll e Mr. Hyde delle corse questo Vettel. “Mi aspettavo una Red Bull migliore, siamo indietro” ecco la stoccata post qualifiche malesi non gradita dal team che gli ha dato tutto.

Tanto simpatico e sorridente quando vince, altrettanto ombroso e intrattabile quando perde. In un processo di maturazione che deve ancora completarsi del tutto a Vettel, le cui doti velocistiche sarebbe folle mettere in discussione, manca ancora l’ingrediente finale per diventare un outstanding, un fuoriclasse.

Ovvero la calma dei forti. Quella serenità olimpica che contraddistingue il Dna di campioni carismatici come Schumacher e Alonso.

Piloti talmente sicuri delle proprie capacità da tenere sempre tutto sotto controllo, le situazioni in pista e fuori. Gesso, nervi saldi, freddezza.

In Malesia Vettel ha dato per due, tre, volte dell’idiota a un collega, Karthikeyan dell’Hrt. Con la reazione indignata di metà griglia e lo schiaffo morale di Jenson Button che allo stesso Karthikeyan ha chiesto scusa per la toccata.

Certo, l’indiano nei confronti di Sebastian ha sbagliato ma le offese personali e gratuite non dovrebbero essere consentite. E’ una caduta di stile ma soprattutto un segnale di debolezza. Se un pilota che ha vinto più Gp di Mika Hakkinen non trova nient’altro di meglio da fare che scagliarsi contro l’ultimo dei classificati…insomma fate voi.

Per di più, un Vettel fuori di senno ha ignorato beatamente gli ordini via radio del team, mettendo a rischio la sua incolumità con i freni in situazione critica. Spegnere il cervello così non è permesso a chi ha dimostrato di avere il talento dei più grandi della storia.

Fernando Alonso ai tempi della Renault riuscì a evitare un disastro a un pit stop perchè tenne sotto controllo la ruota posteriore destra in fase di montaggio. Schumacher in Austria nel 2003 ripartì con la macchina a fuoco senza fare una piega.

Lo stesso Nando, a dire il vero, gesticola abbastanza nell’abitacolo. Qualche vaffa verso i doppiati gli è scappato negli anni ma sono episodi circoscritti a fasi concitate di gara. Nel complesso l’asturiano appare molto più sereno e calmo nonostante la frustrazione per una macchina che, evidentemente, non va.

Cosa farebbe Mr Hyde Vettel se la Red Bull si trovasse, improvvisamente, nelle condizioni della Ferrari? Darebbe di matto diventando da un giorno all’altro uno di quegli invasori pazzi che tanto piacevano a Barrichello?

Un campione può definirsi tale non solo se raggiunge certi risultati ma anche quando acquisisce quel minimo livello di atarassia che gli permette di estranearsi del tutto dalle circostanze effimere. Un livello superiore che spetta a pochi eletti.

Non bastano la concentrazione in macchina e le doti di guida, il rispetto e il timore reverenziale da fenomeno si guadagnano anche con uno spessore caratteriale che, purtroppo, manca ancora a questo giovane giocoliere del volante.

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