La Red Bull prepara in silenzio la RB8. La belva è nell’ombra
In questi giorni le luci della ribalta, nel mondo della F1, sono state tutte per Ferrari e McLaren. La curiosità di vedere le forme delle nuove monoposto di Woking e Maranello, da parte di tutti gli appassionati, è stata per ora soddisfatta. Ad iniziare le danze era stata però la Caterham, prima a svelare il tanto chiaccherato musetto ad ornitorinco. Lo abbiamo rivisto nella Ferrari, diversa invece la soluzione della McLaren. Ma in tutto questo c’è una grande assente, che sembra attendere nell’ombra, sorniona, silenziosa, senza proclami: la Red Bull.
Effettivamente le cronache quotidiane della F1 non hanno, in questi giorni, riportato neppure un commento, una battuta, un intervento, un’indiscrezione, un’anticipazione proveniente da Milton Keynes. Sembra proprio una belva che aspetta in silenzio, nascosta nell’ombra, pronta a scatenare la sua rabbia felina al momento opportuno.
L’ultimo a parlare, a onor del vero, è stato colui che sarà il primo a scendere in pista con la nuova arma, frutto del genio di Adrian Newey: Mark Webber. L’australiano si era detto contento di tornare finalmente al lavoro sulla nuova vettura dopo la pausa invernale. Dopo la sua ultima vittoria, alla fine della scorsa stagione, in Brasile, Mark è rimasto nella sua Australia per godersi le vacanze e per proseguire l’allenamento. Poi, la settimana scorsa, è volato in Inghilterra per incontrare la squadra e avere i primi contatti con la RB8.
Webber inizia così il suo ultimo anno in Red Bull, consapevole di avere fra le mani una vettura con la quale si può vincere il titolo. Questa suona infatti come un’ultima chiamata per l’eterno secondo alla corte dei Tori volanti anglo-austriaci. Certo la convivenza con un talento puro come Vettel non è facile, specie per un pilota che vive la fase autunnale della carriera come lui. Sarà proprio l’australiano il primo a portare in pista, ai prossimi test di Jerez, in programma a partire da martedì 7 febbraio, la nuova RB8. Poi toccherà al bi-campione del mondo, Sebastian Vettel, che comincerà subito la scalata al suo terzo titolo mondiale.
Ma come detto non arrivano, al momento, grandi proclami da Milton Keynes, quartier generale del team guidato da Horner. L’approccio della squadra sembra essere quello della continuità. Quindi se da una parte abbiamo una Ferrari che (giustamente) punta alla rottura col passato, alla discontinuità, dall’altra abbiamo (altrettanto giustamente) la Red Bull, che vuole far evolvere nella giusta direzione quanto di buono fatto, soprattutto negli ultimi due anni. Questo approccio lo si intuisce anche andando a curiosare all’interno del sito istituzionale della scuderia. L’attesa per il lancio della nuova RB8, in programma lunedì 6 febbraio, viene ammazzata con un bel video che ripercorre tutte le tappe che hanno segnato, fin qui, l’esperienza della Red Bull in Formula 1. A partire da quella RB1 del 2005, all’interno della quale spiccava il meraviglioso casco con la Croce di Sant’Andrea, orgogliosamente sfoggiato dallo scozzese, David Coulthard.
Il filmato, che qui vi riproponiamo, ci fa capire come in soli 7 anni questa squadra abbia raggiunto la vetta dell’Olimpo automobilistico mondiale, attraverso una crescita ed un’evoluzione costanti e progressive. In questi sette anni non hanno mai detto di voler spaccare il mondo, come hanno spesso fatto alcune scuderie nel recente passato, spendaccione e poco concrete (vedi BAR, Toyota). Non dimentichiamoci che la Red Bull acquisì l’affascinante Jaguar Racing Team, che per qualche anno tentò di spiccare il volo, non riuscendoci mai fino in fondo. Col senno di poi e con, davanti agli occhi, i successi raggiunti negli ultimi anni dalla Red Bull, rileggo con piacere l’ultima mail ricevuta dall’allora Managing Director della Jaguar, David Pitchforth, alla vigilia dell’ultimo GP della stagione 2004, in Brasile. L’ultimo per il suo team, prima dell’acquisizione da parte di Mateschitz. Nella lettera di commiato, arrivata precisamente alle 17.33 del 20 ottobre 2004, si sottolinea la voglia che c’era in Jaguar di arrivare in alto, il rammarico per non esserci riusciti e l’auspicio che il sogno potesse essere continuato dalla nuova proprietà Red Bull. Auspicio rivelatosi profetico. Emblematico uno degli ultimi passaggi: “La Jaguar è un buon team. Un team che è stato sul punto di fare qualcosa di grande in Formula 1“. La Red Bull lo ha fatto.