Hamilton vacilla, ma loda il team mate Button
In questo momento in McLaren ci sono due piloti diversissimi tanto nello stile di guida quanto nell’umore.
Button centra il quarto podio di fila che lo porta a 184 punti in classifica generale, al secondo posto. All’interno del team, dopo una buona stagione d’esordio con buone prestazioni, Button è in una posizione certamente più felice del “Crash Kid” Hamilton il quale, anche a Singapore, ha regalato un nuovo capitolo delle sue avventure. Disavventure per gli altri.
“Il paracarro” (cit. Flavio Briatore) in fondo è sempre stato considerato la seconda guida della McLaren: perché ritenuto a lungo dagli addetti ai lavori, stampa e chi più ne ha più ne metta un buon pilota, ma non un potenziale fuoriclasse come il compagno.
Bisogna ora togliersi il cappello davanti a Button e riconoscerne le qualità tecniche, l’intelligenza e la classe che lo hanno portato in una posizione di superiorità nei confronti di Hamilton senza ricorrere a clamori, ipotesi di complotto e lotte interne che nel team di Woking fanno parte della storia, vedi Senna – Prost in passato o il più recente duello Hamilton – Alonso.
D’altro canto l’anglo-caraibico è stato attaccato più volte dai giornali di casa propria nel corso della stagione e raramente viene elogiato come è accaduto a Jenson Button, anche dopo gare positive che quest’anno non sono certo mancate, ma delle quali si sta pesantemente sentendo l’assenza negli ultimi mesi. Il titolo più pesante del post GP è “Hamilton senza cervello” pubblicato dal Daily Espress e che può essere la sintesi del pensiero dei quotidiani che si sono schierati contro l’anglo-caraibico: Daily Mail, Guardian ed Indipendent.
Errare è umano, perseverare è diabolico e quindi cosa può spingere un pilota di questo talento a commettere ripetutamente lo stesso errore? Il padre (ex manager) punta il dito contro il management di Lewis composto da un pool di agenti e non da uno solo; essi sarebbero “troppi per poter gestire l’immagine di un solo pilota” e quindi una delle cause della distrazione, nervosismo e cattive decisioni in pista.
Un campione mostra le qualità che gli valgono tale appellativo isolandosi dal resto dell’ambiente, personale e sportivo; Hamilton sembra molto lontano da un qualsiasi tipo di serenità e ciò si ripercuote costantemente sul suo stile di guida, ma adesso anche all’interno del team, ormai pro Button. A poco ormai servono le parole in difesa di Whitmarsh che alla fine sembra pronunciare tali parole solo perché preoccupato più della serenità del team che di quella dell’ipotetico pilota numero uno.
Altra cosa che manca ad Hamilton è la capacità di riconoscere i propri errori (vedere alterco con Massa), ma almeno riesce ad ammettere la superiorità del compagno di squadra. Il lavoro di Button è stato apostrofato da Hamilton come “incredibile”, aggiungendo: “ … sento che sta facendo un ottimo lavoro da tutto l’anno, così anche se facessi meglio nelle prossime cinque gare non significherebbe molto per me. Intendo, è poco in confronto a una intera stagione”. Almeno fuori dall’abitacolo prova a giocare di squadra, ma non basta per salvare quella che fin’ora è la peggiore stagione per l’(ex?) più grande promessa della Formula 1, adesso la stella è quella di Vettel e in casa quella di Button, peggio di così …