F1 Story | Quando innovazione non fa rima con prestazione
Idee e soluzioni sulla carta geniali che, una volta in pista, hanno deluso le aspetattive. In attesa di vedere come i progettisti hanno lavorato sulle vetture 2015, facciamo un salto nel tempo e vediamo i flop più grandi del recente passato.
Gennaio, tempo di presentazioni, di veli che si alzano e scoprono i corpi in carbonio delle monoposto di Formula 1. Una attesa che diventa spasmodica col passare dei giorni e che stuzzica la curiosità e la fantasia degli appassionati, pronti ad ammirare il risultato della creatività dei progettisti.
In tempi di regolamenti sempre più restrittivi, riuscire ad estrarre il classico coniglio dal cilindro è diventato ormai quasi impossibile. Le moderne vetture sono ormai sempre più standardizzate e riconoscibili solo per la diversa colorazione della livrea.
Se il freno alla fantasia progettuale è figlio delle moderne norme, i passati regolamenti hanno tuttavia concesso maggiore libertà ai designer, consentendo loro di trovare soluzioni mai viste prima. Spesso, però, l’effetto sorpresa è rimasto confinato al momento della presentazione, non trovando il riscontro cronometrico sperato.
Un tricheco nato male. Il nostro viaggio nel tempo inizia dalla stagione 2004 ed ha come protagonista la Williams FW26. Disegnata dalla matita di Gavin Fischer e Patrick Head, la realizzazione della veste aerodinamica della vettura venne affidata all’italiana Antonia Terzi. Il momento di stupore all’alzarsi del velo si ebbe quando venne scoperto il muso della monoposto. Era sparito l’ormai classico muso lungo ed era magicamente apparso un muso corto, alto, dotato di due piloni di sostegno dell’ala estremamente lunghi per consentire l’ancoraggio dello stesso al profilo principale.
Ribattezzata subito il tricheco, nelle intenzioni dei tecnici l’intuizione rivoluzionaria avrebbe dovuto consentire al team di Sir Frank di sbaragliare la concorrenza grazie ad un notevole vantaggio aerodinamico. La realtà fu ben diversa dalle aspettative. La FW26 faticava ad essere competitiva a causa dell’innazamento del baricentro ed il team decise, a partire dal Gp di Ungheria, di eliminare il tricheco per tornare ad un muso tradizionale.
L’ennesimo muso fallimentare. Ancora il muso di una vettura è protagonista del nostro viaggio nel tempo. Stagione 1996, Maranello. Michael Schumacher ed Eddie Irvine alzano il velo rosso sulla loro prima Ferrari di Formula 1, la F310. Subito i flash immortalarono una monoposto diversa dalla concorrenza. Il muso era costituito da un monopilone che fungeva anche da chiglia di collegamento per i cinematismi della sospensione. L’autore del disegno, John Barnard – noto per amare più il design che la efficenza – era convinto della bontà della sua idea. Il risultato fu disastroso. Mentre, infatti, la totalità delle monoposto sullo schieramento avevano adottato un muso alto per consentire il maggior passaggio di aria al di sotto della scocca, la F310 andava contro questa tendenza. A stagione in corso si decise di cestinare quella soluzione e di passare ad un muso alto che fece ribattezzare la vettura il gabbiano.
Il mal di pancia. Non solo i musi sono al centro della nostra analisi. Anche le pance delle monoposto hanno visto nel corso degli anni, accanirsi l’inventiva dei progettisti. Anche in questo caso la Ferrari è al centro del nostro racconto. Anno 1992, responsabile aerodinamico del cavallino Jean Claude Migeot, vettura F92A. L’innovazione apportata dal tecnico francese consisteva nell’adozione di pance di forma ovoidale separate dal corpo vettura e staccate dal fondo della stessa per creare, idealmente, un canale Venturi tale da consentire livelli di aderenza mai visti prima. Il risultato di questa soluzione, unito a delle sospensioni attive ancora lontane dalla concorrenza inglese, fu la peggiore monoposto mai realizzata in quel di Maranello.
Anche la sciagurata Prost Gp, nata sulle ceneri della storica Ligier, tentò l’azzardo con delle pance particolari. Anno 1998, vettura AP01, progettista Loic Bigois. L’innovazione era data dal collegamento dei cassoni laterali col corpo vettura con due enormi strutture sinuose e, idealmente, aerodinamiche. Anche in questo caso l’idea andava controcorrente dato che la tendenza dettata da Newey con la McLaren era opposta e prevedeva delle bocche dei radiatori saldamente collegate all’abitacolo della monoposto per offrire meno resistenza aerodinamica possibile. La monoposto francese non rivelò mai competitiva, anche a causa di un cambio eccessivamente fragile, e l’idea di Bigois fu subito riposta nel cassetto e mai più riproposta.
Non sfugge al nostro racconto la McLaren con la MP4 26 del 2011. Ideata dalla matita di Paddy Lowe, la monoposto argentea presentava un inedito disegno delle pance a L, alte nella parte esterna e più basse in quella interna, nelle intenzioni del progettista tale soluzione avrebbe dovuto creare un canale privilegiato per lo scorrimento dei flussi tra l’abitacolo e le pance stesse, indirizzando una maggior portata d’aria verso l’ala posteriore. L’innovazione non si rivelò, tuttavia, vincente e non fece scuola nè a Woking nè tra gli altri team.
L’azzardo Benetton. Non solo l’aerodinamica ha stuzzicato la fantasia dei progettisti. Anche l’aspetto meccanico ha trovato terreno fertile in soluzioni poi rivelatesi disastrose. L’esempio lampante è dato dalla Benetton B199. Monoposto molto tradizionale dal punto di vista aerodinamico, seppur dotata di doppio ingresso delle bocche della pance laterali, la vera e propria novità introdotta sulla vettura era data da un inedito differenziale anteriore. Secondo le teorie del progettista Nick Wirth, tale soluzione avrebbe consentito alla vettura di ottenere degli indiscutibili vantaggi in percorrenza di curva. Inoltre, era prevista la possibilità di uno smontaggio semplice del dispositivo qualora lo stesso non avesse dato i risultati sperati. Anche in tal caso l’idea era eccessivamente azzardata. Notevoli furono gli svantaggi, aerodinamici e di bilanciamento, rispetto ai vantaggi sperati. La B199 corse la maggior parte delle gare senza l’innovativo sistema, mai più ripreso dal fondo del cassetto dove ancora giace.
Il cockpit asimmetrico. Anche la Jordan non sfugge alla nostra rassegna grazie alla sfortunata EJ10 del 2000. Disegnata da Mike Gascoyne, la monoposto avrebbe dovuto consentire al team irlandese di consolidare i brillanti risultati ottenuti nella precedente stagione. Il tecnico inglese decise di rivoluzionare completamente le linee pulite della monoposto del 1999 e di adottare linee squadrate per l’intera vettura. La particolarità che nelle intenzioni del designer avrebbe consentito di fare scuola, risiedeva nella particolarissima forma del cockpit. Questo, infatti, si alzava nettamente in prossimità dell’abitacolo del pilota sfruttando al massimo i limiti regolamentari per mantenere la zona frontale del telaio quanto più bassa possibile. Il risultato di quella stagione fu disastroso con Gascoyne transfuga in Benetton e il team di Eddie costretto a modificare completamente la vettura, schierando in corso d’opera la EJ10B.
I fallimenti recenti. Il nostro viaggio nel tempo si conclude con un salto nel recente passato. Stagione 2014, due sono le vetture che fanno strabuzzare gli occhi ai tifosi una volta svelate. La Lotus E22 e la Catheram CT05. La prima fece scalpore per il muso asimmetrico che, nelle ispirazioni dei progettisti, riprendeva il concetto fallimentare introdotto dalla Williams FW26, la seconda, eletta a furor di popolo come la Formula 1 più brutta dell’anno, presentava un inedito muso corto e alto raccordato ad una proboscide in carbonio ove veniva collegati i supporti dell’ala. La Lotus, oltre a patire una power unit Renault poco affidabile, doveva fare i conti con una guidabilità disastrosa, quasi fosse una trazione anteriore. La Catheram decise, dal Gp del Belgio, di cestinare quella soluzione poco gradita alla vista per adottare un muso più tradizionale.
Finisce così la nostra digressione in un passato fatto di soluzioni all’apparenza geniali ma all’atto pratico per nulla competitive, eppure non si può non ricordare con un pizzico di nostalgia le monoposto citate, rendendo comunque merito ai rispettivi progettisti di aver osato pur di differenziarsi ed innovare in un ambiente sempre più standardizzato.
Manca ormai poco allo svelarsi delle nuove vetture. Vedremo se e quali geniali idee potrebbero trovare spazio in questa lunga lista…