Le pagelle di Abu Dhabi: onori e gloria a Lewis d’Arabia
Union Jack, lacrime e ultimo appuntamento stagionale con le pagelle di BlogF1: tra teste coronate, starlette e la poesia del sole che tramonta sulle dune, Lewis Hamilton ad Abu Dhabi conquista il suo secondo titolo iridato. Conquista anche l’ultima gara della stagione: un GP sottotono e un po’ nostalgico, che lascia in bocca un retrogusto amaro per quello che poteva essere e non è stato, per tutti gli addii che si consumeranno e per il futuro di una Formula1 che ancora non sa cosa diventare.
LEWIS HAMILTON 10 – La lotta in pista all’ultimo sangue che tutti avremmo voluto vedere per chiudere con un po’ di sano agonismo un campionato 2014 narcotizzato dallo strapotere Mercedes – peraltro, dalle premesse poste, sembra che “#TheBestIsYetToCome”, per usare l’hashtag tanto amato dal(l’ex) Nando Nazionale – non c’è stata. E, fatalità elettrica per Rosberg a parte, è tutto merito suo e di una seconda metà di stagione da caterpillar. La vittoria ad Abu Dhabi di Lewis Hamilton è l’apice di un cammino di gloria, l’entrata trionfale nell’Olimpo. Lewis Hamilton non è stato solo fulmineo in partenza; non ha solo fatto vedere che sul ritmo gara non c’è spesa. Lewis Hamilton, ad Abu Dhabi, ha dimostrato di poter stracciare il suo nemico più grande: se stesso. Niente più fantasmi interiori, niente più irruenze, niente più intemperanze. Al loro posto una monumentale caparbietà, una sanissima cautela e un’onorevolissima umiltà, quando è servita. Il ragazzino che nel 2008 si portò a casa fortunosamente l’alloro iridato, infilando Timo Glock all’ultimissima curva di Interlagos, non c’è più. Dall’alto di 11 vittorie stagionali, ora, c’è una LEGGENDA [cit. il Principe Harry]
NICO ROSBERG 8,5 – (lo sappiamo che è arrivato quattordicesimo e, per giunta, doppiato. Ma ci sembrava poco carino schiaffarlo a fondo pagina) Il cannibale del giro secco vede i suoi sogni di gloria infrangersi mestamente. A tradirlo è, prima, il lato sporco della griglia di Abu Dhabi, dove si pianta ignominiosamente per dire addio alla leadership della corsa. Ma peggiore del pattinamento, è il tradimento della Power Unit Mercedes. Ma Nico Rosberg oggi non merita solo l’onore delle armi. Merita anche il nostro RISPETTO. Perché ha girato per 30 tornate senza ERS, volendo per forza tagliare il traguardo, nonostante una richiesta esplicita di ritiro da parte del muretto. Perché ha mandato in soffitta l’atmosfera da guerra fredda degli ultimi retro-podi, andandosi subito a complimentare con lo sfidante di sempre. Vederlo sfilato da quasi tutte le vetture, mentre la regia regala impietose inquadrature della sua febbrile attività sulla plancia del volante, è stata una sofferenza per tutti. Non doveva finire così #1
FELIPE MASSA 10 – Sontuoso nel ritmo gara e amabilissimo nella gestione delle gomme, Felipe Massa ci fa sognare un clamoroso finale di stagione per la Williams. Le Mercedes sono dei razzi, ma lui non smette mai di crederci: nel primo tratto di gara su gomme supersoft, quando riesce a contenere il gap con Nico Rosberg; nella lunghissima parte centrale della corsa, di cui regge per qualche giro la testa; infine nel finale, quando forte di un treno di gomme freschissime, bracca Lewis Hamilton rosicchiandogli decimi su decimi ad ogni giro. Il miracolo, alla bandiera a scacchi, dista due secondi e mezzo. Ma Felipe Massa chiude la stagione con una certezza: la RISCOSSA c’è stata.
VALTTERI BOTTAS 7 – Fortuna che la Williams è in stato di grazia e riesce a gestire bene il graining sulle gomme supersoft. Il finlandese, in partenza, fa un pasticciaccio brutto e si ritrova risucchiato, da terzo in griglia, in ottava posizione, con davanti un trenino di paracarri (leggi= le due Ferrari e Kvyat) che insegue Jenson Button e la quarta piazza. La sosta ritardata lo salva dal traffico e lo rimette in lizza per le posizioni che contano. Quando Rosberg comincia a girare sul piede del 1.50 lui ringrazia e si va a prendere l’ennesimo podio stagionale e la quarta posizione finale nel campionato piloti. Il finlandese ha convinto. Tanto che, si vocifera, potrebbe essere nel mirino della Ferrari tra qualche tempo… LE FAREMO SAPERE (ma davvero, eh!)
WILLIAMS 9 – Chiusura annua di grande caratura per la scuderia di Grove, che è cresciuta esponenzialmente nel corso di questo 2014, riducendo addirittura il gap in pista rispetto all’aliena Mercedes. Avessero funzionato sempre le cose ai box, come ad Abu Dhabi, forse il secondo posto in classifica costruttori non sarebbe poi stato tanto proibitivo…
DANIEL RICCIARDO 10 e OVAZIONE – Parte dalla pitlane, arriva a meno di dieci secondi dal podio. Ma come fa? Ad Abu Dhabi superare non è semplice, ma l’Aussie nella prima parte di gara accende la modalità “tasso del miele” e si sbarazza di tutti gli ostacoli che trova sulla via. Alcuni non sono tra i più abbordabili. Prendi Kevin Magnussen (6), che per 10 giri si tiene dietro il suo compagno Vettel, nonostante un’ala danneggiata ad inizio gara per un contatto con Adrian Sutil. O Jean Eric Vergne (7), che da questo stralcio di campionato non ha più nulla da chiedere, ma cova un fortissimo sentimento di rivalsa nei confronti di chi (leggi= Helmut Marko) gli preferisce le belle speranze all’usato garantito. Il duello tra Ricciardo e il francese della Toro Rosso è una lotta all’ultimo sangue che probabilmente merita la palma di migliore azione della gara. Ma l’Aussie ne ha di più e passa dove sembra impossibile. Riesce a tirare lo stesso treno di gomme Soft per 28 giri (Vettel si ferma al 22esimo, giusto per fare un confronto) e si riserva un finale di gara sprint: dulcis in fundo, arriva il giro più veloce della gara. Coraggio da vendere e gestione super-intelligente: la RB10 non fa miracoli, ma Ricciardo riesce a tirarne fuori il meglio e anche di più. SEMPLICEMENTE STELLARE
JENSON BUTTON 7,5 – Sottotraccia, ma sempre a segno. Anche ad Abu Dhabi il veterano del Circus tira la barca McLaren all’asciutto, difendendosi come può: scatta bene al via, tiene a bada le due Ferrari nel traffico. In particolare, ingaggia un appassionante (e per lo più ignorato) duello con Fernando Alonso nella parte centrale di gara, dal quale esce vincitore. Con il sorriso e l’ottimismo che lo hanno sempre contraddistinto, scrive su Facebook: “Non ho ancora finito! Voglio ancora tanto da questo sport”. I ringraziamenti per quest’ultimo lustro in McLaren e i donuts al traguardo, ci dicono che il Gp di Abu Dhabi 2014 potrebbe essere stata l’ultima gara di Jenson Button in Formula1. SIGNORE, fino alla fine
NICO HULKENBERG 8 – Caricato dai messaggi belligeranti dell’irriducibile Vijay Mallya – che su Twitter ha dato spettacolo tra sabato e domenica, facendo fischiare le orecchie incessantemente a Chris Horner – Nico Hulkenberg ritrova lo spirito coriaceo del mezzofondista che ha caratterizzato la sua prima parte di stagione, regalando, dopo uno scatto bruciante in partenza, una gara di enorme solidità con una Force India che finalmente riesce a essere bilanciata e prestante. Non fosse stato per lo stop&go, la classifica finale l’avrebbe visto quinto. Chiude il campionato nono, con 96 punti. REALLY GOOD JOB
SERGIO PEREZ 7 – La strategia scelta dalla squadra è uguale a quella del compagno di squadra (Soft-Soft-Supersoft), ma Checo non ha lo stesso spunto allo start e uno stint troppo lungo nella parte centrale della corsa gli fa perdere tempo prezioso.
SEBASTIAN VETTEL 7 – Arrivare ottavo partendo dal fondo del fondo della lunghissima pitlane di Abu Dhabi, non è certamente un risultato da buttare via. Tuttavia, per la fine della sua epopea in Red Bull (12 anni, 4 titoli mondiali, 39 vittorie e 45 pole position insieme) forse avrebbe voluto qualcosina in più. Salta agli occhi l’impietoso paragone con la gara del compagno di squadra: Sebastian non trova in pista gli stessi spunti al sorpasso (si incaglia dietro Magnussen prima e Perez poi) e trova molti più problemi nel gestire le gomme. Negli ultimi tempi sono mancati gli stimoli o forse c’è solo voglia di una nuova sfida (che si prevede più che impegnativa..), ma è stata comunque UNA FANTASTICA AVVENTURA
FERNANDO ALONSO 5,5 – Nella sua ultima gara in Rosso, Fernando Alonso non riesce e non può regalare gli sprazzi di lucida classe a cui, nonostante tutto, ci ha abituati anche nei periodi più bui. La macchina, semplicemente, non c’è. Ad Abu Dhabi i picchi della sua gara sono la staccata di puro opportunismo tirata a Kimi Raikkonen al giro 5, giusto per potere liberarsi delle Supersoft al più presto possibile, e il confronto con Jenson Button. Dalla seconda metà di gara in poi è solo caduta libera. Il messaggio che lancia agli appassionati del Cavallino Rampante è inequivocabile: siete fantastici; essere in Ferrari è un’esperienza che tutti vorrebbero provare; ma adesso voglio tornare a vincere. Non doveva finire così #2
KIMI RAIKKONEN 5,5 – Bello lo scatto in partenza, ma da allora in poi è solo sofferenza. Il degrado sugli pneumatici è folle e il giro in più compiuto rispetto al compagno di squadra lo fa piombare in fondo alla classifica. Riacciuffa Alonso e lo tampina per tutta la corsa, ma non trova lo spunto per ripassarlo. Kimi Raikkonen chiude il campionato 2014 al dodicesimo posto: il peggiore risultato della sua carriera. Meglio metterci UNA PIETRA SOPRA e ricominciare da zero.
FERRARI 3 – Ad Abu Dhabi la F14T e la Power Unit Ferrari danno il peggio di sé: la vettura scivola, il degrado sulle gomme è fortissimo, non c’è potenza per i sorpassi e anche il perno dell’affidabilità vacilla (chiedere ad Alonso delle sue prove libere…). Ma a preoccupare maggiormente è il clima di folle instabilità che sembra aleggiare su Maranello, dove continuano a cadere teste che neanche nel Periodo del Terrore della Rivoluzione Francese. Ai tifosi del Cavallino Rampante, non resta che pregare che Maurizio Arrivabene sia la reincarnazione di Napoleone Bonaporte (anche se, al momento, sembra essere quella di Ricky Tognazzi)
GP DI ABU DHABI 4 – Pharrell Williams, il principe Harry e Nicole Scherzinger non sono riusciti a risollevare un gara che, lotta mondiale, commozione e addii a parte, ha regalato poco dal punto di vista emozionale e dell’azione in pista. E no, zio Bernie, i doppi punti non sono stati una bella idea.
STAGIONE 2014 DI FORMULA 1: NI. Il rientro del turbo ha contribuito a porre fine a una dominazione imperiale (quella Red Bull) per farne nascere un’altra (quella Mercedes) e ha rimescolato le carte in tavola sul fronte dei valori in pista. Ma la massima serie del Motorsport continua a perdere seguaci e appassionati. Il problema è che la Formula 1 non piace più. Troppo complicata, troppo artificiosa, troppo legata al business, troppo fatta di politica e poco di valori in pista. La chiave di volta sarebbe un ritorno agli elementi di base che hanno fatto e fanno la fortuna delle corse: binomio pilota-macchina, circuiti senza fronzoli, sportellate vere, uomini di spessore. Invece i tifosi da divano – quelle bistrattate creature che ingrassano le tv, che ingrassano a loro volta il business F1 – dovranno tenersi i piloti con la valigia, lo sport a pagamento, i team radio nevrotici in cui i driver chiedono al box “cosa devono fare”, i tilkodromi, un patron che afferma di preferire i 70enni con i soldi ai giovani appassionati e, soprattutto, un futuro sempre più incerto. Tra liti sul congelamento dei motori, scontro tra piccoli e grandi team, dibattito tra superGP2 e terza vettura, ancora non sappiamo cosa troveremo tra 110 giorni, all’Albert Park. SCETTICISMO A PALATE
Prima di chiudere le pagelle dell’ultima gara del 2014, vorremmo dedicare un pensiero al pilota che più è mancato in questo finale di stagione, a cui auguriamo di vincere il campionato più importante di tutti. #ForzaJules