F1 Story | Ungheria ’97, Hill e la Arrows sfiorano l’impresa
Una vittoria sfiorata per la Arrows, ma svanita negli ultimi chilometri prima della bandiera a scacchi per un guasto tecnico. Ecco come andò il GP di Ungheria del 1997.
La stagione 1997 sembrava il canto del cigno per Damon Hill. Il campione del mondo in carica si era visto scaricato da Frank Williams dopo la conquista del titolo e l’unica squadra disposta a credere in lui fu la modesta Arrows. Una sistemazione che sembrava quasi irrispetosa nei confronti di chi aveva avuto come compagni di scuderia gente del calibro di Prost, Mansell, Senna e Villeneuve ed aveva conteso per due anni di fila l’alloro iridato a Michael Schumacher.
Al modesto potenziale tecnico della A18, disegnata da Frank Dernie, si univa il pessimo V10 Yamaha campione di inaffidabilità. Unico elemento positivo della monoposto bianco blu erano le gomme Bridgestone.
Il gommista giapponese entrò ufficialmente in F1 nella stagione 1997 e proprio l’Arrows fu uno dei primissimi team a calzare le coperture nipponiche. Un elemento determinante proprio nel Gran Premio di Ungheria dello stesso anno.
Sin dalle qualifiche la monoposto del team, diretto da Tom Walkinshaw, stupì tutti conquistando una clamorosa quanto inattesa terza posizione alle spalle di Michael Schumacher e Jacques Villenuve. Hill si prese la rivincita nei confronti di chi lo considerava ormai bollito mettendo alle proprie spalle piloti del calibro di Hakkinen, Irvine, Frentzen, Berger, Coulthard ed Alesi. Il campione del mondo in carica ci sapeva ancora fare col volante e la dimostrazione pratica arrivò soltanto 24 ore dopo.
Allo spegnersi dei semafori, Michael Schumacher scattò benissimo dalla pole position, mentre Villeneuve fu subito sopravanzato da Hill, Irvine ed Hakkinen. Nelle retrovie si scatenò subito il caos con Magnussen che tamponò Morbidelli e Diniz che decise di unire la sua Arrows alla Minardi di Tarso Marques.
La Ferrari di Schumacher sembrava controllare indisturbata la gara, ma l’illusione svanì rapidamente.
Giro numero 7: Irvine prima e Schumacher poi si trovarono in una profonda crisi di gomme. Hill non credeva ai suoi occhi e agguantò velocemente la prima posizione, mentre il tedesco della Ferrari cercava di tenere in pista la rossa numero 5 facendo anche da tappo al resto del gruppo. Solo al giro numero 14 Villeneuve riuscì a sopravanzare Schumacher che si vide costretto a cambiare strategia ed entrare ai box per cambiare le proprie Goodyear, quel giorno più simili a gomme da masticare che a pneumatici da competizione.
Al giro numero 23 il resto del gruppo iniziò il valzer dei rifornimenti ad eccezione di Frentzen, unico fra i piloti di testa ad aver scelto di partire con gomme dure che gli consentirono di mantenere un ritmo eccezionale. Il tedesco di casa Williams, e sostituto proprio di Hill per la stagione 1997, si trovò così in vetta al gran premio proprio davanti la vettura dell’ex pilota di Sir Frank. Una prima posizione destinata a durare poco.
Solo sei giri dopo dalla Williams numero 4 si levarono delle fiamme. Un problema più unico che raro colpì la monoposto del tedesco. La valvola di sicurezza del bocchettone del serbatoio si era staccata e la benzina vaporizzata, finendo sugli scarichi, dava luogo a delle enormi vampate. Gloria breve dunque per Frentzen, costretto non solo al ritiro, ma anche ad assistere al ritorno in prima posizione di Hill.
Damon comandava incostratato quel gran premio del riscatto verso chi non credeva in lui, seguito vanamente da Villeneuve, Coulthard ed uno Schumacher impegnato a lottare con la sua F310B. Anche dopo il secondo round di rifornimenti il pilota della Arrows si trovò in testa alla gara, mentre Coulthard al giro numero 65 fu costresso alla resa a causa di un problema elettrico per la sua McLaren.
Sembrava ormai fatta per Hill, ed anche al box Arrows si pregustava il sapore di un successo clamoroso.
Non fu così. A 2 giri dalla fine la vettura numero uno inziò a rallentare vistosamente con Hill che cercava di spingere col pensiero la monoposto più velocemente possibile. Un problema tecnico, tanto per cambiare in quella stagione, aveva colpito la Arrows di Hill. Un guasto alla pompa idraulica aveva bloccato l’acceleratore ed il cambio in terza marcia. Le immagini del muretto Arrows mostrarono Walkinshaw ed i suoi guardare impietriti la propria monoposto venire sorpssata all’ultimo giro da Villeneuve dopo aver dominato l’intero gran premio. Una beffa dolorosa. Una ferita per una scuderia che avrebbe potuto finalmente mettere il proprio autografo tra le squadre vincitrici di un gran premio. Il destino decise che la Arrows non era degna di inserirsi in questo prestigioso club.
Sceso dalla vettura Hill era sereno e consapevole che, nonostante la vittoria sfumata, aveva dimostrato ad i suoi detrattori di essere degno del numero uno che portava sul musetto di quella modesta vettura. L’abbraccio con il suo ex compagno Villeneuve a fine gara vale più di mille parole. Un abbraccio sincero e pieno di rispetto verso chi, con quel problema inaspettato, avrebbe contribuito pesantemente a renderelo campione del mondo a fine stagione.