F1 Story | Silverstone 1998, Schumacher trionfa di strategia
12 Luglio 1998, una data ricordata ancora col sorriso in quel di Maranello. Un giorno che riporta in mente un trionfo frutto della genialità di Ross Brawn e dell’intero muretto box Ferrari, che riuscì a stupire tutti gli spettatori ed annichilire gli avversari.
In terra di Albione, la sfida tra Mika Hakkinen e Michael Schumacher inizia sin dalle qualifiche del sabato, con il finlandese autore di una pole position conquistata in scioltezza davanti al tedesco. Alle loro spalle, con distacchi importanti, si piazzarono Jacques Villeneuve – alla guida di una Williams dotata di passo allungato e motore più potente, ma sempre sbiadita fotocopia della scuderia che solo l’anno prima gli consentì di conquistare l’alloro iridato – David Coulthard, ormai consapevole del ruolo di seconda guida in McLaren, Eddie Irvine, già conscio del ruolo di valletto di Schumacher ed Heinz Harald Frentzen.
Gli attimi primi della partenza fecero sudare freddo i piloti ed i tecnici ai box. La tanto temuta pioggia, costante del Regno Unito un pò come il fish and chips, arrivò a bagnare l’asfalto di Silverstone tanto da obbligare tutti i driver a montare pneumatici da bagnato. Lo spegnersi delle luci rosse vide Hakkinen e Schumacher allontanarsi presto dal gruppo degli inseguitori. Autore di una partenza a dir poco disastrosa fu Eddie Irvine, il quale, a causa di un eccessivo pattinamento degli pneumatici, si trovò subito circondato da numerose vetture che lo relegarono al decimo posto.
La rimonta di Eddie, quel giorno in stato di grazia, non tardò ad arrivare ed infilò subito la Benetton di Alex Wurz e la Sauber di Johnny Herbert.
Il duo di testa, Hakkinen – Schumacher, divenne presto un trio grazie all’attacco al giro numero 5 di David Coulthard al pilota tedesco. Con una staccata al limite dell’aderenza alla curva Abbey, ed un pò di mestiere dello scozzese che portò fuori traiettoria Michael, la McLaren numero 7 conquistò la seconda posizione.
Solo pochi giri più tardi la gara si trasformò in una lotta di sopravvivenza. Le condizioni atmosferiche iniziarono a peggiorare e la pioggia iniziò a bagnare il circuito con la violenza tipica di una tempesta tropicale. Il primo a fare le spese del clima british fu Damon Hill, costretto a parcheggiare la sua Jordan fuori pista, seguito a poca distanza da Frentzen che decise di porre fine alla sua gara alla Bridge.
I restanti piloti capirono che le intermedie avevano ormai fatto il loro tempo ed iniziarono il valzer dei pit stop per montare pneumatici da bagnato estremo.
Al giro 22 un altro eroe locale, Herbert, viene tradito dall’infido asfalto britannico finendo in una via di fuga da dove non si può uscire se non con l’aiuto dei commissari. L’intervento degli steward fu rapido ma contrario al regolamento e così il pilota della Sauber decise di spegnere il motore e tornare mestamente ai box.
Il giro numero 38 vide il classico colpo di scena. David Coulthard, autore sino a quel momento di una gara solida, nel tentativo di doppiare Wurz, perse il controllo della monoposto. L’immagine della vettura nero – argento che piroettava nei prati inglesi per poi bloccarsi immobile sull’erba fu accolta con soddisfazione dal box di Maranello.
Schumacher risalì al secondo posto alle spalle di un Hakkinen distante ben 24 secondi.
Il meteo continuava a peggiorare, rendendo la pista di Silverstone più adatta ad una gara di Coppa America che di Formula 1. Se ne accorse anche il leader Hakkinen, autore di uno svarione fuori pista che gli fece perdere solo pochi secondi nei confronti del suo inseguitore Schumacher. Il segnale però era stato lanciato, tutto poteva ancora accadere. Ed infatti accadde.
Giro numero 43, bandiere gialle esposte, Schumacher doppia Alexander Wurz e subito dopo la safety car entra in pista a causa degli incidenti che hanno visto coinvolti Barrichello e Panis. Il vantaggio di Hakkinen, costruito grazie ad una guida precisa e sensibile, era ormai svanito.
Il gruppo, ormai formato da sole 10 vetture superstiti, ripartì ed al giro numero 49 avvenne l’ennesimo colpo di scena. Mika Hakkinen perde il controllo della sua McLaren ed esce di pista alla Becketts, Schumacher lo superò subito senza tentennamenti mentre Irvine, nel frattempo risalito in terza posizione, non riuscì a farsi sotto al finlandese.
Quando tutto sembrava ormai deciso, ecco che al muretto box Ferrari venne recapitata una comunicazione dei commissari. Stop and go per Schumacher a causa del sorpasso in regime di bandiere gialle. L’uomo italico, forse dal carattere eccessivamente latino, si sarebbe fatto prendere dal panico pensando ad una vittoria ormai compromessa, ma al box Ferrari c’è un uomo che fa del self control il suo stile di vita, Ross Brawn.
Ripercorso a mente il regolamento e guardati i tempi sul giro di Schumacher ed il distacco da Hakkinen, Brawn decise che per portare a casa i 10 punti l’unica soluzione possibile era quella di scontare lo stop and go sotto la bandiera a scacchi. Un rischio enorme, calcolato fino ad un certo punto, che tenne col fiato sospseso il box e gli spettatori.
Ultimo giro: Schumacher rientrò ai box, spinse il dito sul pulsante del limitatore ed iniziò a percorrere lentamente una corsia mai apparsa così lunga come quella volta. Posizionò la vettura numero 3 nella piazzola ed iniziò il conto alla rovescia. Dieci secondi interminabili.
Una ripartenza controllata dal limitatore di velocità gli fece tagliare il traguardo per primo sotto gli occhi stupiti degli spettatori e dei meccanici dei box. Tutti credevano che non sarebbe stato possibile cogliere una vittoria ormai compromessa da una penalità. Tutti ma non Ross Brawn che, ancora oggi, è ricordato come l’artefice della strategia più ignegnosa della storia della F1.