Senna e la Williams FW16, storia di un rapporto complicato
[Prima parte] L’arrivo in Williams con tante aspettative. I problemi, i capricci dei progettisti, l’affidabilità non ancora perfetta. Ecco come iniziò il rapporto tra Senna e il team di Grove.
Vent’anni. Un tempo lungo abbastanza affinché un bambino perda la sua innocenza e diventi uomo conoscendo anche i lati più crudi della vita. Un tempo trascorso senza aver dimenticato chi, il primo maggio del 1994, abbandonò il paddock della Formula 1 per entrare nell’alveo della leggenda. Il nostro ricordo di Ayrton Senna muove le basi e si snoda attraverso l’analisi della sua ultima vettura di Formula 1, la Williams FW 16. Una monoposto che, sulla carta e nelle intenzioni dei progettisti, avrebbe dovuto consentire al miglior pilota in circolazione di conquistare il suo quarto titolo iridato e pareggiare i conti con l’eterno rivale Alain Prost. Tuttavia, nella realtà, si dimostrò tutt’altro che un missile.
Doverosa fare una premessa. Il 1994 fu un anno di cambiamenti regolamentari mirati a limitare l’abuso di elettronica sulle monoposto. Le vetture delle stagioni precedenti avevano di tutto: dall’ABS al controllo di trazione, pasasndo anche per le sospensioni attive. Le auto erano divenute ormai dei chip ricoperti da una pelle in carbonio delicatamente posata su 4 pneumatici. Troppo per la Federazione che decise di affidare il traction control ala sensibilità del piede destro del pilota e l’ABS alla delicatezza del sinistro. Fu proprio l’abolizione delle sospensioni attive la limitazione che colpì in modo duro la scuderia di Sir Frank, ubriaca di successi schiaccianti targati Mansell e Prost.
IL PRIMO CONTATTO – Febbraio 1994, circuito di Estoril. La prima volta che Senna si calò nell’abitacolo di una Williams, fu a bordo della FW 15 D, vettura derivata dalla stagione 1993 ma opportunamente modificata sulla scorta dei nuovi regolamenti, privata di tutte le sofisticazioni elettroniche che l’avevano resa invincibile e decorata nella colorazione del nuovo main sponsor Rothmans. Il test non era solo una vetrina ad uso e consumo di media e sponsor, ma fu utilizzato, per analizzare il comportamento del nuovo sistema sospensivo meccanico, oltre che per provare il nuovo propulsore Renault RS6 ed il comando dell’acceleratore fly by wire che sarebbero stati successivamente installati sulla FW 16. Senna evidenziò subito due problemi che lo avrebbero accompagnato anche sulla FW 16. Lo scarso confort nell’abitacolo e la posizionedel volante. Il brasiliano, nel suo periodo in McLaren, grazie alla presenza di un cockpit aperto, aveva sempre adottato un volante dal diametro di 300 mm, maggiore rispetto a quello utilizzato dagli altri piloti, al fine di ridurre lo sforzo richiesto in curva. L’angusto abitacolo della FW 15 D, caratterizzato da una cockpit chiuso all’altezza delle mani, non consentiva l’installazione di un volante di tali dimensioni e, pertanto, Ayrton dovette accontentarsi di utilizzarne uno dal diametro di 260 mm. I tecnici Williams cercarono di porre rimedio a tale problema limando una parte della centina superiore della monoposto ed installando un nuovo sistema di idroguida, ma Senna, noto per il suo perfezionismo maniacale, non era soddisfatto e pubblicamente dichiarò: “Non posso ancora dire di avere il controllo totale della vettura”. Confort, sterzo, idroguida, tre elementi che sarebbero tornati protagonisti nel corso delle settimane successive.
IL CRASH DI BARCELLONA – Nel corso dei test invernali in terra spagnola, la scuderia di Sir Frank, a differenza della concorrenza, si presentò ancora con una vettura ibrida, la FW15 D. I problemi di affidabilità si palesarono immediatamente e portarono a conseguenze che sfiorarono il drammatico. Damon Hill, quel giorno alla guida della monoposto, uscì violentemente di pista alla fine del lungo rettilineo per un problema al cambio che, bloccatosi, impedì al pilota di scalare. Le voci di corridoio parlarono anche di un problema all’acceleratore elettronico rimasto bloccato, ma il mistero non fu mai svelato. Pilota fortunatamente illeso, ma la monoposto laboratorio era ormai distrutta. Senna, a quel punto, si rifiutò di girare nei test con la FW 15 D con la quale non riusciva a sterzare senza toccare con le nocche la parte superiore della scocca, mentre i progettisti Williams erano restii a incidere la scocca per aumentare il confort del pilota sacrificando la pulizia aerodinamica e la rigidità strutturale della stessa. I contrasti tra colui che avrebbe dovuto essere il leader e il team iniziarono a palesarsi inaspettatamente.
L’ARRIVO DELLA FW16 – Quando finalmente la nuova monoposto fu svelata, ultima tra i top team, l’enorme lavoro svolto in galleria del vento saltò subito all’occhio. Se la parte frontale della vettura era rimasta praticamente invariata rispetto al modello 1993, le novità si concentrarono al retrotreno. Fu adottata una rivoluzionaria sospensione posteriore, con il braccio superiore abbassato di ben 12 cm rispetto alla versione precedente e posizionato alla medesima altezza del semiasse. Facendo così fu possibile applicare una ampia carenatura trapezoidale in carbonio al fine di pulire i flussi aerodinamici. Tale soluzione, inoltre, avrebbe dovuto far lavorare al meglio l’inedito beam wing a forma di V rovesciata, soluzione che avrebbe consentito alle vetture di Senna e Hill di utilizzare una minore incidenza alare al posteriore.
Patrick Head, orgoglioso di quella creatura così innovativa dichiarò: “La ricerca aerodinamica è stata preponderante, ma non mi sento di attribuire a qualcuno i meriti del progetto di questa nuova vettura e neppure l’idea di questa nuova sospensione posteriore né a me né ad Adrian. Si tratta di un lavoro collegiale che ha richiesto il contributo di tutto lo staff tecnico ma anche di molti tecnici esterni di vari fornitori per quanto concerne la realizzazione. L’idea di base di questa vettura però è solo nostra”.
Anche Newey espresse orgoglio per la sua nuova creatura: “Contrariamente alla FW 15 che era molto simile alla FW 14b, la FW16 è una monoposto di concezione completamente nuova. Per l’aerodinamica, frutto di una interessante scoperta in galleria del vento, ma anche per l’insieme degli elementi meccanici, a cominciare dalle sospensioni che sono tornate al sistema passivo, ma anche dal motore, dal cambio, dagli accessori. La scocca è molto più stretta, così come la cellula del serbatoio. Tutti i volumi sono stati ridotti”. Una scocca più stretta rispetto alla vettura precedente, una dichiarazione che aveva lasciato perplesso chi era venuto a conoscenza delle problematiche di Senna con il modello 1993. La FW 16 era stata disegnata al centimetro, puntando tutto sulla massima efficienza aerodinamica, sacrificando per quanto possibile lo spazio per il pilota.
In Williams si cercò di appagare le richieste di Ayrton e si decise, contrariamente a quanto chiesto, di non aprire il cockpit caratterizzato dal volante incassato nella scocca, ma di abbassare il piantone dello sterzo per evitare che le nocche sfregassero col telaio. Tale soluzione non portò gli effetti sperati in quanto, con questa disposizione, il volante toccava le gambe del pilota. Questa problematica fu motivo di tensione tra Patrick Head e Newey. Il primo voleva che si incidesse la scocca al fine di garantire un maggiore confort a Senna, mentre il secondo non voleva assolutamente applicare tale soluzione che avrebbe fatto perdere i valori di rigidezza ottenuti ed avrebbe costretto i tecnici a studiare il riposizionamento delle pelli in carbonio secondo angoli diversi da quelli ottimali.
Da sottolineare come in Williams, nella realizzazione della cellula, erano state applicate le misure minime imposte dalla Federazione, realizzando la scocca con due strati di carbonio invece che tre, ottenendo in tal modo una sensibile riduzione del peso. L’unione di tutti questi elementi aveva creato un rebus di difficile soluzione.
SE INGRASSO UN CHILO NON ENTRO NELL’ABITACOLO – In una intervista rilasciata all’epoca ad Autosprint, Senna manifestò palesemente i suoi dubbi sulla nuova monoposto “Diciamo che è una monoposto che mi è stata fatta su misura, non posso ingrassare nemmeno un chilo”. Quando gli fu chiesto delle problematiche inerenti al posizionamento del volante la risposta fu immediata “E’ vero, voglio mantenere il volante che ho sempre usato. Dovremo lavorare un po’ per trovare la giusta posizione nell’abitacolo, ma sono sicuro che troveremo la soluzione ad ogni difficoltà”.
IL TEST A LE CASTELLET – Il primo vero test per la FW 16 si svolse sul circuito francese di Le Castellet e l’esito fu turbolento. La monoposto soffriva di problemi di affidabilità proprio con il rivoluzionario sistema sospensivo adottato al retrotreno. Nello specifico, dopo il primo giorno di prove con Senna alla guida, era stata rilevata una crepa nel triangolo in carbonio della sospensione superiore. Newey si gettò a capofitto a studiare il problema, dovuto ad un errato calcolo delle forze che subiva l’elemento, trovando un compromesso ‘artigianale’ applicando al triangolo due piastre in alluminio sia nella parte superiore che inferiore.
Alla luce di queste carenze strutturali, il pilota doveva avere fiducia incondizionata nel mezzo.
Primo giro, rettilineo del Mistral percorso a 318 km/h prima di imboccare la veloce curva di Signes che, di solito, chi ha il pelo sullo stomaco percorre in pieno. Senna alzò di poco il piede per verificare che il problema alla sospensione fosse stato risolto.
Le sensazioni positive indussero fiducia al tre volte campione del mondo che, al giro successivo, affrontò Signes col pedale dell’acceleratore a fondo e staccò un ottimo 1.03.4.
I problemi per la FW 16 non erano, tuttavia, relativi solo al retrotreno. La monoposto, in uscita di curva, manifestava degli scarti di traiettoria all’anteriore ed il team di progettisti era già orientato a delle modifiche sia meccaniche, relative al gruppo molla ammortizzatore, sia aerodinamiche, relative ad un diverso disegno dei flap anteriori.
Restava ancora insoluto il problema relativo alla posizione di guida del brasiliano che si cercò di affrontare con lievi spostamenti dei punti d’attacco delle cinture di sicurezza e con l’introduzione di un nuovo parabrezza più affinato aerodinamicamente.
Intervistato da Autosprint dopo le prove francesi, Senna affermava: “Non è ancora perfetta. Abbiamo lavorato molto, ad esempio, per eliminare le turbolenze che mi scuotono eccessivamente il capo ad alta velocità, cambiando diversi parabrezza e anche provando un nuovo casco Bell come quello usato da Fittipaldi ad Indianapolis. Questa prova non ha dato, però, gli effetti sperati perché il profilo che si trova sulla mentoniera genera troppo carico che mi schiaccia la testa. Ho anche problemi a leggere gli strumenti e le cinture mi fanno male. Abbiamo effettuato continui aggiustamenti, anche per il sedile, ma al contempo miglioravano le prestazioni e più si va forte più il corpo è sollecitato. Bisognerà continuare a lavorare perché trovare una posizione di guida ideale è fondamentale”.
Infine, il suo parere sul passaggio da sospensioni attive a passive “La guida è sicuramente meno confortevole, la vettura è più difficile da controllare, in particolare sulle gibbosità”. Proprio il cinematismo della sospensione anteriore tolse il sonno alla scuderia campione in carica che, privata delle sospensioni attive, si trovava a fronteggiare una sistema che andava in crisi sui circuiti con asfalto irregolare. Questo elemento, forse, fece passare in secondo piano le richieste di Ayrton.
La stagione era alle porte e il brasiliano iniziava a preoccuparsi. (Continua…)