Tecnica F1, le caratteristiche delle sospensioni attive
In Formula 1 si torna a parlare di sospensioni attive: alcuni team, insieme alla FIA, vorrebbero reintrodurle a partire dal 2017. Ma come funziona una sospensione attiva gestita elettronicamente? Scopriamolo in questo articolo.
Il circus della Formula 1 è in un periodo di grossi cambiamenti sotto molti punti di vista, tra i quali spicca quello prettamente tecnico che può, a sua volta, essere influenzato da condizioni gestionali ed economiche. E’ il caso, questo, dell’ultima indiscrezione che circola nel paddock: la reintroduzione delle sospensioni attive in Formula 1 a partire – presumibilmente – dal 2017.
Per chi ha da poco compiuto la maggiore età la parola “reintroduzione” può sembrare strana, ma per i veterani della massima serie a ruote scoperte la definizione di “sospensioni attive” rievoca un periodo a cavallo tra gli anni ’80 ed i ’90 in cui questa tecnologia di gestione del telaio permetteva a vetture straordinarie, quali la Williams (progettata da Newey), di vincere il Mondiale di Formula 1, prima di essere bannata per regolamento a partire dal 1994.
Tutto ciò parrebbe in controtendenza rispetto al downsizing delle prestazioni che la FIA sta attuando da qualche stagione a questa parte (tramite riduzione della cilindrata dei motori e ridimensionamento dell’effetto aerodinamico), visto che questa tecnologia, attraverso l’elettronica, permetterebbe un bilanciamento telaistico pressoché perfetto in ogni condizione di marcia delle monoposto, con evidenti miglioramenti soprattutto nella velocità di percorrenza curva.
Secondo le voci trapelate il motivo di questa reintroduzione è il contenimento dei costi e, su questo argomento, moltissimi addetti ai lavori del Circus hanno mostrato le loro perplessità. Per provare a disegnare effetti e conseguenze di questo futuro scenario tecnico della F1 occorre però capire di cosa parliamo.
Con il termine “sospensioni attive” in ambito automotive si definisce un comparto sospensivo (molle ed ammortizzatori) regolato con continuità ed in tempo reale nel posizionamento e nella rigidezza da una centralina elettronica che interpreta dei segnali provenienti da appositi sensori (accelerometri, giroscopi e simili elementi) e, tramite mappature predefinite, muove degli attuatori elettro-idraulici direttamente collegati alle sospensioni della monoposto.
E’ intuitivo come una tecnologia di questo genere possa garantire ad una monoposto di Formula 1 di essere perfettamente “in assetto” in ogni istante di gara, rappresentando una rivoluzione nelle performance di grande effetto pratico: il comportamento della vettura ne risulterebbe migliorato soprattutto nelle fasi di percorrenza curva, quando il bilanciamento in tempo reale della monoposto sull’asfalto permetterebbe sia alle ruote di trovarsi in appoggio nelle condizioni ideali (ottenendo il massimo della trazione con il minimo del degrado) e sia all’aerodinamica di lavorare al meglio delle proprie possibilità, senza rollio e beccheggio che sono i peggiori nemici della dinamica di marcia.
Attualmente, come già accennato in precedenza, queste sospensioni sono vietate, perché nel 1994 si voleva evitare ogni possibile controllo elettronico che potesse simulare qualsivoglia tipo di aiuto di guida (tra i quali rientrava anche il controllo di trazione ed il sistema di anti-bloccaggio freni o ABS). In effetti la filosofia della sospensione attiva non è vietata, bensì ne è vietata la gestione elettronica, ed infatti attualmente esistono sistemi di controllo del set-up delle sospensioni in Formula 1, ma sono a controllo meccanico.
Ci riferiamo al FRIC (sistema che interconnette sospensioni anteriori e posteriori in modo che le reazioni ed i movimenti delle stesse siano omogenei e quindi tendenti ad un globale bilanciamento della monoposto) e ad altri sistemi che in questi anni tutti i top team hanno sviluppato o provato a sviluppare: Renault nel 2008, Mercedes attualmente e Red Bull che nel 2013 ha probabilmente trovato il bandolo della matassa del sistema a gestione meccanica.
Si, perché il punto è proprio questo: le sospensioni a comando meccanico sono di una complessità progettuale e di messa a punto assolute, rappresentando probabilmente la sfida più grande per gli ingegneri telaisti. Non a caso, nonostante i chiari benefici che il sistema in questione può apportare alla monoposto, pochissime squadre sono riuscite davvero ad arrivare ad un livello di sviluppo degno di essere portato in pista, nonostante le ingenti risorse profuse per tendere a questo obiettivo.
Qui comincia a tornare valido il discorso che tiene banco allo Strategy Group: reintrodurre le sospensioni attive permetterebbe alle squadre di abbattere i costi legati alla simulazione computazionale e pratica di questo sistema e, con essi, anche quelli legati a tutti i tecnici impegnati in questo comparto della monoposto. Per i top team, che se lo possono permettere, si parla di centinaia di milioni di euro in vari anni, non pochissimo; mentre ci risulta che addirittura nessuna delle squadre di bassa classifica abbia mai approcciato il progetto della gestione meccanica delle sospensioni, e ciò è un chiaro indice di che tipo di impegno esso richieda.
In pratica stiamo dicendo che le sospensioni attive (controllate elettronicamente) sono economicamente vantaggiose rispetto a quelle a gestione meccanica: ma come ciò si spiega ingegneristicamente? Per garantire ad ogni ruota l’assetto in condizioni di rollio e beccheggio (da contrastare entrambi) e per lasciare liberi i movimenti singoli di ogni pneumatico, la soluzione meccanica richiede (ma non sono sempre utilizzati tutti) la presenza di una molla, un ammortizzatore, un inerter (o J-damper) e un bumper per ognuno dei due elementi principali della sospensione, per un potenziale di 32 componenti da settare e gestire per ogni vettura. Si tratta di un enorme lavoro di simulazione numerica (parliamo di più di 30 gradi di libertà, chi mastica la meccanica sa che è un numero decisamente ampio di possibili soluzioni) e di una messa a punto potenzialmente perfetta ma praticamente impossibile da raggiungere.
La soluzione a comando elettronico induce invece una grande semplificazione nella componentistica (bastano degli attuatori elettro-idraulici, elementi di semplice costruzione ed anche economicamente accessibili) e soprattutto elimina quasi del tutto la tediosa opera di messa a punto, sostituita da una serie di algoritmi precaricati sulla ECU che permettono di, “letta” la situazione dinamica della monoposto in tempo reale, adeguarne la posizione delle sospensioni con un impulso elettrico.
E’ un po’ quel che accade con il brake-by-wire ed in effetti sarebbe questo tentativo tutto sommato ben riuscito ad aver convinto la FIA a lanciarsi anche nell’introduzione delle sospensioni attive, considerando anche che attualmente la federazione ha il pieno controllo della gestione elettronica delle vetture di Formula 1 grazie alla centralina unica ed uguale per tutti e potrebbe agevolmente sorvegliare che la sospensione attiva non venga utilizzata per altri fini (negli anni ’90 invece, date anche le scarse potenze di calcolo dei computer e la diversità di centraline per ogni squadra, sarebbe stato improponibile).
Per inciso, una delle critiche maggiori che piovono su questa proposta è proprio il possibile bug che essa introdurrebbe: un controllo elettronico del telaio e dei bracci delle sospensioni potrebbe essere abilmente sfruttato per fini aerodinamici, sia creando canali di flusso in curva e sia proponendo superfici alari (come sono le sospensioni attuali) mobili. Si tratta forse di ipotesi fantasiose, ma non così lontane dall’applicabilità, anche se l’effettiva utilità sarebbe tutta da verificare.
Nonostante se ne parli poco, il controllo meccanico delle sospensioni è uno degli aspetti che più influenza la conformazione finale della monoposto ed il posizionamento di moltissimi elementi. Ne segue che una sua eliminazione comporterebbe un ripensamento totale della vettura, con dispendio di tempo e di risorse economiche non indifferente, annullando del tutto i risparmi già elencati della soluzione elettronica: è questa la critica più dura giunta negli ultimi giorni densi di ipotesi e dibattiti, che hanno visto protagonista anche una vecchia gloria della F1 come Martin Brundle. Il tempo ci illuminerà.