L’analisi tecnica del Campionato di Formula 1 2013
In attesa della presentazione delle monoposto 2014, analizziamo tutte le soluzioni che hanno caratterizzato il campionato di Formula 1 2013.
Siamo tutti con l’acquolina in bocca, in attesa che siano finalmente svelate le vetture di F1 2014. L’attesa è realmente eccitante, considerando che dovremmo vedere monoposto molto diverse da quelle che hanno gareggiato nel 2013: muso basso, superfici alari ridotte, turbo, scarico unico centrale.
Soluzioni che saranno un vero e proprio punto di rottura con il recente passato. Prima di gustarci le presentazioni, però, dedichiamo un’ultima analisi generale alle monoposto del 2013, centrando l’attenzione sulle soluzioni che hanno caratterizzato il campionato appena trascorso.
La nostra analisi non può che cominciare dagli scarichi, la cui importanza aerodinamica sarà profondamente limitata (in teoria dovrebbe essere annullata del tutto…) nel 2014. L’era degli “scarichi soffianti” si chiude con una netta vittoria di quelli in configurazione a scivolo e tunnel che, pur se teoricamente meno efficaci di quelli a sbalzo (comunemente definiti “Coanda”), si sono dimostrati molto più efficaci di questi ultimi.
Al di là di Red Bull e Lotus, che hanno scelto gli scivoli sin dall’inizio, è la Sauber (e per certi versi anche la Williams) ad aver confermato che la soluzione migliore era quella più semplice. La C32, infatti, ha percorso (con mille difficoltà) la strada “Coanda” fino a metà stagione, per poi tornare agli scivoli e ritrovare magicamente la prestazione, concludendo in bellezza un campionato tecnicamente “double-face”.
Se la Sauber dimostra la bontà di detta configurazione, la Ferrari F138 è la prova della difficoltà di messa a punto della soluzione “Coanda“. I tecnici di Maranello le hanno provate tutte, lavorando alacremente per due anni interi su questa configurazione, senza però riuscire a farli funzionare a dovere, o comunque ad ottenere un effetto aerodinamico quanto meno simile alla soluzione a scivolo, evidentemente più adeguata a canalizzare i gas caldi lungo i bordi del diffusore e creare la famosa “minigonna termica”.
Il 2013, però, è stato, senza ombra di dubbio, il campionato delle gomme. Gli pneumatici sono stati, nel bene e nel male, gli assoluti protagonisti, e le squadre hanno lavorato moltissimo per sfruttarli al meglio, spesso andando contro le indicazioni del gommista Pirelli e contribuendo, quindi, a creare quelle situazioni di pericolo che hanno poi costretto il cambio di struttura in corsa (dall’acciaio al kevlar).
Ne è prova il “tyre swapping”, che non è un fenomeno social, ma la pratica di invertire i pneumatici dello stesso asse per guadagnare temperatura nella e sulla gomma. Tale circostanza era dovuta al fatto che le Pirelli 2013 avevano un senso di rotazione ben preciso (opposto quindi tra gomma destra e gomma sinistra), dovuto anche ad una struttura interna con un senso ben preciso; scambiando le gomme tra destra e sinistra, la struttura veniva maggiormente sollecitata e ciò permetteva di raggiungere ben prima il range ottimale di funzionamento.
Proprio a tali propositi, va spezzata una lancia in favore della Pirelli; non tutti sanno che, fino a metà campionato, le indicazioni del “gommista” su pressioni, camber, ecc., erano puramente facoltative per le squadre, che potevano quindi spingersi ben oltre. Dopo il disastro di metà campionato, le indicazioni della Pirelli sono diventate vincolanti, con tutti i team tenuti a rispettare i valori (soprattutto di camber) imposti dal costruttore italiano.
Tornando alla tecnica pura e semplice, la soluzione senza dubbio più interessante per sfruttare al meglio le gomme è quella relativa allo sfruttamento diretto dei cerchi, utilizzati attivamente per trasferire più o meno calore alla gomma. Le squadre hanno ideato più soluzioni (molto spesso confuse tra loro…): la prima prevede la realizzazione di una zigrinatura, più o meno estesa, nella parte interna del cerchio, generalmente in prossimità delle razze; la seconda, l’applicazione di un prodotto denominato Polysil, con particolari caratteristiche termiche, in zone specifiche del cerchio. Entrambe le soluzioni generano una “relazione termica” tra pneumatico (più precisamente l’aria interna dello stesso) e cerchio, che consente di generare temperature diverse in punti diversi della gomma.
Dal punto di vista aerodinamico, ciò che ha caratterizzato la stagione 2013 è stata sicuramente la scelta di molti team circa l’altezza del muso, quasi in linea con l’altezza della scocca. Ne sono una prova Ferrari, Mercedes e Toro Rosso, che si sono spinte particolarmente in alto con musi piuttosto schiacciati per massimizzare la portata d’aria destinata a finire al di sotto della monoposto per favorire l’effetto suolo. In direzione opposta, invece, si sono spinte Red Bull e Lotus, che hanno scelto altezze minori ma forme decisamente più arrotondate, con la presenza di bulbi più o meno generosi al di sotto del muso. Red Bull che, tra l’altro, ha sfruttato al massimo le dummy cameras (i profili neri definiti comunemente “telecamere”), la cui posizione (spesso in punta al muso) determina effetti aerodinamici evidentemente significativi. Non a caso il regolamento 2014 ne prevede una posizione ben precisa (alta ed ai lati del musetto), aerodinamicamente meno influente.
Una delle soluzioni più controverse, invece, è stata il “Drag Reduction Device”, introdotto dalla Lotus nel 2012 e copiato anche da Mercedes e Sauber. Il sistema consente, grazie ad una presa d’aria extra ed un sistema di condutture interne, di “soffiare” via parte della vena fluida che scorre lungo il dorso dell’ala posteriore, mandando in stallo una porzione dell’ala e riducendo la resistenza indotta generata dal profilo, consentendo alla vettura di guadagnare qualcosina in velocità. Più facile a dirsi che a farsi, visto che solo in un’occasione il sistema è stato utilizzato in gara (dalla Lotus). Nessuno dei team su menzionati, infatti, ha ancora raggiunto una messa a punto sufficientemente efficace, anche se è probabile che il prossimo anno più squadre proveranno questa soluzione.
Restando in casa Lotus, va necessariamente citato il famigerato “passo lungo”, di cui la E21 si è dotata nel finale di stagione. Trattasi di una modifica puramente meccanica, ma che porta con sé anche conseguenze aerodinamiche. Consiste nell’allungamento dell’interasse (distanza tra asse posteriore ed asse anteriore), ottenuto modificando la geometria della sospensione anteriore (FOTO), che ha come effetto una diversa distribuzione dei pesi e del baricentro a vantaggio del retrotreno.
Da un punto di vista meccanico, l’allungamento dell’interasse conferisce maggiore stabilità alla vettura, migliore trazione e migliore percorrenza dei tratti veloci, con tendenza al sottosterzo. Da un punto di vista aerodinamico, la maggiore distanza delle gomme anteriori dal retrotreno, riduce gli effetti negativi delle turbolenze, con una maggiore pulizia generale dei flussi che percorrono il posteriore della vettura. Ovviamente tutte queste particolarità influiscono sullo stile di guida del pilota e non è un caso che Raikkonen, che predilige un avantreno molto reattivo e sovrasterzante, non abbia mai trovato il giusto feeling con la E21 allungata.
L’elemento aerodinamico su cui tutti gli ingegneri hanno lavorato di più è certamente l’ala anteriore, la quale, oltre a conferire il necessario grip all’avantreno, influenza anche l’andamento dei flussi diretti verso il resto della vettura. Ad ogni gara i top team hanno portato soluzioni diverse, sia a livello di upper flap (i profili a sbalzo generalmente fissati alla paratia), utili a migliorare lo scorrimento dei flussi intorno alle gomme anteriori, sia riguardo al main plane ed ai main flap, che sono le superfici cui spetta concretamente il carico aerodinamico anteriore. Negli ultimi anni gli ingegneri hanno proposto superfici sempre più complesse, con incremento esponenziale di slot e profili aggiuntivi, volti ad aumentare l’efficacia aerodinamica delle ali. Newey è di sicuro quello che ha prodotto le ali più estreme, ricche di particolari e dalle forme più ricercate, con capacità di flessione (in movimento e non alle verifiche) superiori alla concorrenza.
Proprio la Red Bull (e quindi, per diretta conseguenza, Newey) è la protagonista dei due tormentoni tecnici del 2013. Il primo riguarda il presunto traction control, ottenuto non elettronicamente ma attraverso il famoso “taglio” dei cilindri Renault ed una particolare bravura di Vettel nello sfruttarlo in accelerazione, impedendo il pattinamento delle gomme posteriori e quindi una migliore trazione in uscita dalle curve lente. Nessuno è stato in grado di confermare questa tesi, ma la stessa sembra molto più che plausibile, atteso che i V8 Renault avevano proprio la caratteristica di poter spegnere 4 degli 8 cilindri. Con tutta probabilità, come detto, questo “taglio” è stato abilmente sfruttato per ricreare una sorta di controllo di trazione, consentendo a Vettel (più lui che Webber, a causa di stili di guida differenti) di avere una trazione migliore, soprattutto nelle ripartenze dalle curve lente.
L’altro tormentone, esploso nel finale di stagione, riguarda la capacità di flessione dello splitter (o T-tray, che dir si voglia) della RB9. Anche in questo caso, nessuno è riuscito a capire come concretamente venga ottenuta tale flessibilità: alcuni hanno parlato di deformazione termica dovuta allo strisciamento dell’elemento sul fondo, altri di risonanza con le sospensioni, altri di balestra deformabile abilmente nascosta da una cover. Ciò che è certo è che i successi della Red Bull sono dovuti in larga parte all’assetto “rake” (puntato sull’anteriore) e ad un perfetto sfruttamento dello stesso grazie alla particolare efficacia degli scarichi e dei vari diffusori utilizzati, oltre che, appunto, ad una particolare capacità di flessione della parte anteriore del fondo, che consente il passaggio di una quantità maggiore o minore di aria a seconda delle esigenze.
L’assetto della Red Bull, poi, è particolarmente interessante dal punto di vista tecnico, vista l’enorme quantità di soluzioni che i progettisti hanno pensato per farlo funzionare al meglio; una di queste è senza dubbio il controllo del rollio e del beccheggio, ottenuti attraverso l’“interattività” delle varie parti (anteriori e posteriori) del telaio della RB9, che consente di ottenere una vettura sempre perfettamente bilanciata, soprattutto quando le forze che agiscono sullo stesso sono maggiori, come nelle accelerazioni e nei cambi di direzione repentini.
In conclusione, nonostante il “congelamento” dei regolamenti, anche il campionato 2013 è stato piuttosto interessante dal punto di vista tecnico. Grazie alle nuove regole (che presto analizzeremo dettagliatamente), ci attende un campionato piuttosto interessante, ricchissimo di novità da scoprire, sia a livello meccanico che aerodinamico. Ovviamente BlogF1 sarà come al solito in primissima fila per svelarvi ogni particolare tecnico presente sulle monoposto. Alla prossima analisi tecnica e… buon 2014 a tutti!
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