Test straordinario della FIA sul sottoscocca Red Bull
La Force India ha chiesto un chiarimento alla FIA sulla possibile flessibilità del T-Tray della Red Bull Racing. Il risultato? A 300 gradi, l’elemento non ha subito nessuna deformazione.
Ora che il Mondiale Piloti della Formula 1 è stato matematicamente vinto per la quarta volta consecutiva da Vettel, molte delle attenzioni dei media si concentreranno di certo sulla sua giusta celebrazione. In tanti, però, ricordano che uno dei motivi dello strapotere del 26enne tedesco, dimostrato vincendo 10 delle 16 gare disputate finora, sia una vettura eccezionale come la Red Bull, disegnata da quel validissimo tecnico che corrisponde al nome di Adrian Newey.
Quattro anni di stradominio sono forse troppi per non causare qualche sospetto di illegalità tecnica tra gli addetti ai lavori e tra gli appassionati più competenti, nonostante la FIA garantisca disparate prove tecniche per ogni Gran Premio, uguali per tutti nella loro severità. Uno dei temi più caldi, supportati dalla Force India, è una sorta di irregolarità della parte anteriore del sottoscocca della Red Bull: secondo la scuderia indiana, i loro colleghi austro-britannici hanno escogitato un controllo di questo componente attraverso una molla o un attuatore che permette al suo sostegno verticale di “tirare” verso l’alto il front runner del fondo in modo da modificarne l’angolo di attacco e generare un surplus di deportanza, vero fiore all’occhiello del progetto di Adrian Newey.
Al vero, a sostegno di questa tesi la Force India non ha mai portato delle prove tecniche certe ma solo delle deduzioni basate sull’evidenza e sull’esperienza dei propri progettisti: esse sono di certo condivisibili, ma nemmeno il tribunale FIA può condannare su queste basi poco solide. Gli uomini di Mallya sostengono che a causa dell’assetto “puntato” in avanti della Red Bull (condiviso anche dalla Mercedes) la parte anteriore del fondo non possa non toccare sull’asfalto in maniera continua per tutta la gara e che, stante il materiale di cui dovrebbe (condizionale d’obbligo per il team di Mateschitz) essere fatto ed il suo spessore, la resistenza strutturale non possa essere garantita e spiegata se non ammettendo che il componente venga sollevato dalla superficie di terra, in maniera contraria al regolamento. Il capo del dipartimento tecnico della FIA Charlie Whiting così risponde: “Ricontrolliamo quel componente regolarmente ad ogni gara, anche più volte nello stesso evento, se ci fosse una molla o un qualsiasi altro meccanismo come citato dalla Force India ce ne accorgeremmo di certo”. Caso chiuso.
Caso chiuso davvero? Ma assolutamente no! Ci ha pensato a riaprirlo un’autorevole voce della Formula 1, quella dell’ex capo tecnico dei team Jordan e Stewart Gary Anderson, il quale attualmente è l’esperto di tecnica della BBC ma che ha vissuto per anni il ruolo di progettista di monoposto da Formula 1 e conosce bene i trucchi del mestiere, oltre ad essere un ottimo analista ed osservatore. La sua ipotesi è basata sulle nuove immagini delle telecamere termiche introdotte in Formula 1 dal Gran Premio d’Italia 2013, che evidenziano non solo l’andamento delle temperature sugli pneumatici ma anche su altre componenti della monoposto proprio come la parte anteriore del sottoscocca: “Ho notato un surriscaldamento del front runner del fondo Red Bull causato dal suo strisciamento sull’asfalto; esso raggiunge, secondo me, una temperatura di circa 300°C, il che basta a materiali speciali per deformarsi in maniera controllata e modificare posizionamento e forma di alcuni componenti”. In pratica Anderson si riferisce alla barra verticale di sostegno tra il telaio e la lama del fondo scocca anteriore: per l’ingegnere britannico essa è costruita con un materiale che, raggiunti i 300°C circa, flette e riduce leggermente la sua lunghezza, permettendo di sollevare la lama stessa modificando l’angolo di attacco con la corrente d’aria proveniente dall’anteriore della monoposto.
Per i non esperti del settore potrebbe sembrare una ricostruzione fantascientifica, ma non lo è affatto e si basa su concetti tecnologici comuni ad ambienti estremi come la Formula 1 o l’aerospaziale; a dimostrazione della sua plausibilità, incredibilmente la FIA ha deciso nel weekend indiano di effettuare una verifica straordinaria: il delegato tecnico FIA Jo Bauer ha sottoposto il front runner della Red Bull numero 1 di Vettel (per fugare ogni dubbio anche di coloro che pensano ad un trattamento diverso rispetto a Webber) ad un riscaldamento fino a 300°C con un bruciatore a gas! Il risultato? La lama non si è per nulla spostata ai rilevamenti dei tecnici addetti. Caso chiuso, per davvero.