“Quattro pari”…ma Vettel vale già Prost (e Co.)?
Vettel ha vinto il quarto titolo consecutivo, consacrandosi quale fuoriclasse assoluto della disciplina. Eppure il suo dominio non ha convinto tutti. Mondiali uguali possono “pesare” diversamente? Qual è il metro di giudizio per valutare un campione di F1?
E’ nato prima l’uovo o la gallina? Ci sono domande che tormentano l’uomo, destinate a rimanere senza risposta. Enigmi di cui è più importante il senso, che la soluzione.
Abbandonando la nobile filosofia e abbracciando l’ugualmente nobile motorsport, i fatti ci raccontano di un Sebastian Vettel entrato di prepotenza nel ristretto club dei piloti più grandi di sempre. Eppure del “valore” del tedesco si parla e sparla ai quattro venti.
A soli ventisei anni, il tedeschino che sussurrava alle auto è il quarto pilota di tutti i tempi per numero di vittorie (36) e il terzo di sempre per numero di mondiali vinti (4). Davanti a lui solo Juan Manuel Fangio a quota 5 e il “maestro” Michael Schumacher a 7 titoli.
Chissà se mentre disegnava ciambelle fumanti sull’asfalto di Nuova Delhi, Vettel avrà realizzato di aver raggiunto un mostro sacro come Alain Prost. Ma soprattutto di aver vinto più corone iridate di Ayrton Senna, Jackie Stewart, Nelson Piquet, Niki Lauda e Jack Brabham. Leggende “ferme” a tre mondiali.
I numeri possono essere freddi a tal punto da far raggelare il sangue nelle vene. E’ bastato un progetto indovinato, una supremazia tecnologica evidente e schiacciante, per spazzare via sudore, sangue, Storia. Prendete ad esempio il raggiunto Prost che, come un ciclista impegnato in una metaforica volata con Vettel, si è visto agguantare in due discese facili facili, dopo aver costruito i suoi quattro titoli in dieci anni di battaglie sportivamente feroci.
Si rischia di trascendere nella più assoluto illogicità, sconfessando l’assioma del principio di identità. Se A è A, non potrà essere B. Quattro campionati del mondo, restano quattro campionati del mondo. Quindi Sebastian Vettel vale a tutti gli effetti Alain Prost e Co. A meno di non voler lasciarci dietro il “fenomeno“, ciò che conosciamo, per addentrarci nello spazio immenso del “noumeno“, del pensiero puro, quello che Kant riservava all’enorme forza dell’intelletto.
Passando dall’oggettività della statistica ad una visione idealistica dello sport, Vettel ha un piede pesante così, è un mago del volante. Domina con sicurezza da quattro anni la scena, ed oggi rappresenta la F1.
Eppure il tedeschino non ha ancora scaldato del tutto i cuori della platea formulistica. Pesa sul giudizio l’imbarazzante superiorità del mezzo tecnico, una facilità sconcertante di vincere gare in successione. Qualcuno potrebbe obiettare che anche il ciclo Ferrari-Schumacher presentava le stesse caratteristiche; d’altronde anche il kaiser “correva da solo” a meno di non voler considerare il Montoya o il Coulthard di turno come agguerriti rivali.
Ma Schumacher arrivò a quelle vittorie passando per difficoltà, sportellate, sconfitte brucianti, sofferenze, incidenti, lacrime. Neanche Schumi affrontava la sfida in “surplace” come riesce all’inafferrabile campione della Red Bull.
Vettel se n’è portati quattro di fila a casa, è salito nell’Olimpo dei campioni bruciando le tappe, siede dul trono con ampi meriti e attualmente si è guadagnato sul campo i gradi di fuoriclasse.
E’ un bravo ragazzo ed un pilota praticamente impeccabile. Non lascia nulla al caso, ma purtroppo per lui sfugge del tutto al suo controllo quella variabile impazzita e meravigliosa che prende il nome di Emozioni.
Perchè esiste un solo parametro nelle corse, che può sovvertire i valori e smentire anche la più stringente logica. E quel parametro è il cuore dell’appassionato, che con sesto senso supera i numeri e guarda oltre. Gilles Villeneuve docet. Per il canadese sei vittorie iridate e poco altro, eppure molto più amato e stimato di tanti campionissimi, venendo spesso considerato uno dei più grandi – se non il più grande – di ogni epoca.
Vettel l’ha messa nel sacco, ha fatto quattro pari, ha pareggiato la partita con Prost e ha “vinto” contro molti altri. Vettel ha pienamente ragione. Ma “il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce”.