F1 Story | Lauda, storia di un ritorno da record
Lo avevano dato per spacciato. Ma la determinazione di Lauda superò di gran lunga la sua soglia del dolore. Ecco cosa successe in quei giorni, ricostruendo la vicenda con le parole di Daniele Audetto, all’epoca Direttore Sportivo a Maranello.
14.31 del 1° agosto 1976, l’attimo dello schianto di Lauda al Nurburgring. A raccontarci i momenti successivi all’impatto è Daniele Audetto, manager Fiat e quell’anno Direttore Sportivo della Ferrari: “Ero accanto a Niki ricoverato all’ospedale di Adenau. Sento dire ‘non c’è più niente da fare’. Era sfigurato, aveva già i piedi freddi. Con l’aiuto di Huske Von Hainstein mi ero dato da fare per allestire una camera asettica all’ospedale di Mannheim. Riuscimmo a organizzare un trasporto in elicottero. Ma il mio compito finì lì. Ebbi la sensazione che se Niki fosse riuscito a sopravvivere, sarebbe già stato un successo. Un suo ritorno alle corse, mi sembrava impossibile”.
Quello che sembrava un destino già segnato, in realtà era l’inizio di una nuova vita per il pilota austriaco. “Al telefono, Enzo Ferrari mi disse di lasciare l’ospedale, aggiungendo ‘Lì tu non servi, lì servono i medici’. Andai subito a contattare Emerson Fittipaldi proponendogli di sostituire Lauda”. La ragione è chiara: bisogna schierare due piloti – l’altro era Regazzoni – per tentare di arginare la rimonta di Hunt e della McLaren, salvando i titoli piloti e costruttori che, a metà stagione, sembravano essere già in cassaforte.
Il tentativo di Audetto andò a vuoto: Fittipaldi non poteva accettare, perché legato alla Copersucar. Si pensa così a Ronnie Peterson, che la March di Max Mosley non voleva cedere. Solamente con la mediazione di Gughi Zanon, si trovò l’accordo. A Maranello si lavorò per sistemare la 312T2 alle misure del pilota svedese, più alto di Lauda.
Ma in questo lasso di tempo, era successo dell’altro. Enzo Ferrari annuncia il ritiro dalle corse a partire dal Gran Premio d’Austria: una chiara mossa politica, arrivata per fare pressione sulle autorità sportive per revocare la decisione di restituire a James Hunt la vittoria del GP di Spagna, dove la sua McLaren era stata trovata irregolare, oltre che privarlo del successo ottenuto a Brands Hatch, dove era stato ammesso alla seconda partenza pur non avendone ormai titolo a norma di regolamento. Ferrari ottenne ciò che voleva e le monoposto tornarono in pista al Gran Premio d’Olanda del 29 agosto, con il solo Clay Regazzoni.
Lauda, in quei giorni, era intanto autore di un recupero prodigioso. Lascia l’ospedale e torna a casa sua – a Salisburgo- prima di trasferirsi a Ibiza dalla moglie Marlene e dal suo fisioterapista Dungl. I miglioramenti ci sono e Niki medita di tornare in pista per salvare il titolo, non nascondendo la sua avversione per il suo potenziale sostituto. A tal riguardo, Audetto racconta: “Niki non voleva Peterson nella stagione successiva. Ed era molto influente sul suo amico e potettore, Luca di Montezemolo, che a sua volta era molto ascoltato dall’Avvocato Agnelli. Entrambi parlano con Ferrari, il quale mi chiamò e mi disse: ‘Dì a Peterson che non se ne fa nulla’. Cercai di convincerlo, avevamo già l’accordo e la macchina era pronta. Ma il Commendatore si infuriò, dicendomi: ‘Qui comando io! Fai ciò che ti dico’. Urlava come un ossesso, quasi volesse rovesciarmi addosso anche la scrivania”. Così, al posto di Peterson, venne ingaggiato Carlos Reutemann che si era liberato contrattualmente dalla Brabham.
I giorni passavano e Niki aveva una voglia tremenda di tornare al volante della monoposto. E lo fece: martedì 7 settembre, l’appuntamento sul circuito di Fiorano e la decisione finale: “A Monza, corro”. Il mondo ferrarista è in delirio, perché mai si poteva pensare ad un ritorno in pista dopo sei settimane da quel pauroso incidente, con il volto ancora sfigurato e le ferite non proprio rimarginate.
Uno dei pochi ad essere contrario al ritorno di Lauda a Monza era Mauro Forghieri, all’epoca Direttore Tecnico della Ferrari. “Non ero assolutamente d’accordo, pensavo non fosse psicologicamente pronto. Ne parlai con Enzo Ferrari, il quale mi disse ‘Io non posso impedirgli di correre’. E lì capii che anche lui era della mia stessa opinione. Credo che Niki è tornato perché non giudicava positivamente la decisione di Ferrari di chiamare un altro pilota a sostituirlo”.
Nelle qualifiche del GP d’Italia, Lauda ottiene il quinto tempo che sa di miracolo. La domenica della gara, però, parte male e scivola in dodicesima posizione ed è costretto ad una faticosa rimonta, mentre il suo rivale – James Hunt – si ritira. La furia di Niki non s’arresta e gli consente di risalire fino al quarto posta, mandando Monza in delirio.
Il vantaggio in classifica sale a 5 punti su Hunt. Due settimane dopo, il tribunale sportivo cancellerà – come richiesto da Ferrari – la vittoria di Hunt a Brands Hatch, assegnandola a Lauda. E i punti di vantaggio diventarono 17. Ma non bastarono per riconfermarlo campione del mondo. Perché Hunt si scatena, vincendo a Mosport e Watkins Glen, lasciando tutto nella gara decisiva in Giappone.
Come finì quel duello, è ormai storia nota a tutti… anche grazie al film “Rush”, basato proprio sulle vicende di quel campionato. Al Fuji fu il diluvio e rinviare la corsa sembrava la scelta più saggia. Poi gli interessi economici ebbero il sopravvento. Lauda si fermò dopo due giri, definendo quella mossa “Il coraggio di aver paura”. Ma smise di piovere e la pista si asciugò: Hunt chiuse in terza posizione, credendo di aver perso il Mondiale. E, invece, lo vinse: per un solo punto.