Nazionale Piloti, intervista al Presidente Mario Di Natale
Le origini, i progetti e i protagonisti della Nazionale Piloti in una intervista al suo Presidente e fondatore, Mario Di Natale.
Mercoledì scorso, allo Stadio Brianteo di Monza, si è tenuto il match di calcio tra la Nazionale Piloti e il Team Sky Sport, per l’evento “Playing for Children – AC Monza Brianza Anniversary”. Un incontro che ha fruttato oltre 51 mila euro consegnati al Comitato Maria Letizia Verga e a Dynamo Camp, in favore dei bambini che stanno vivendo un periodo particolare della loro vita.
Abbiamo incontrato il Presidente della Fondazione Mondiale Piloti, Mario Di Natale, a cui si deve il merito di aver avuto la brillante intuizione di mettersi in gioco in prima persona per fare del bene a chi ha avuto meno fortuna nella propria vita. Lo fa da trentadue anni, sempre con la stessa energia e passione. E con le stesse doti ci racconta come è nata l’idea di fare una squadra di calcio per raccogliere fondi a scopo beneficio.
Presidente, 32 anni di attività come Nazionale Piloti. Ma come ha avuto inizio questa bella avventura?
“E’ stato per caso. Era il 1980 e un mio amico mi fece una telefonata, dicendomi di star raccogliendo dei soldi per far partire una bambina di sette anni per gli Stati Uniti, dove avrebbe subito una difficile operazione. Aveva raccolto già 28 milioni, ma gliene mancavano ancora 2. Così, mi chiese se era possibile fare qualcosa riuscendo a coinvolgere Riccardo Patrese. Ne parlai con Riccardo, ma i dubbi erano tanti: primo tra tutti, il tempo. Meno di un mese per organizzare e non avevamo a disposizione nulla per pubblicizzare a dovere l’evento. Tra l’altro, era un inverno particolarmente nebbioso e la cosa ci ha penalizzati parecchio”.
Nonostante le difficoltà, però, siete riusciti a mettere in piedi l’evento. Come è andata?
“Non benissimo. C’era un nebbione che si tagliava col coltello. L’arbitro, ad un certo punto, mi disse: ‘Lei la vede la porta? Dobbiamo fermarci’. Era prevedibile, venne poca gente e incassammo 800 mila lire. Arrivato negli spogliatoi, i ragazzi mi chiesero come era andata e risposi ‘Dobbiamo andar di tasca nostra’, tirando fuori centomila lire. E così fecero tutti gli altri, con grande generosità. Raccogliemmo 3 milioni e 200 mila lire. Due per la bambina e il restante alla mamma, per le altre spese”.
E quella bambina è salva e ora sta bene, è anche merito vostro…
“Assolutamente. Nel trentesimo anniversario dell’Associazione, l’abbiamo invitata e premiata. Era emozionatissima, è stata una gran bella serata”.
Dunque, dopo la prima partita avete deciso di continuare. Come si è fatto largo nel blindatissimo mondo del Circus della F1 per coinvolgere gli altri piloti?
“Quando arriva qualcuno nuovo nel paddock, lo si guarda sempre con diffidenza. Ma io ero avvantaggiato, perché chiesi a Patrese di presentarmi gli altri piloti e organizzare una squadra per giocare a pallone e raccogliere fondi. E’ così che nacque la squadra”.
Prima il nome era “Club Italia Piloti”, perché la filiera di talenti nostrani era ben nutrita…
“Sì. Alla prima partita, oltre a Patrese, parteciparono anche Elio De Angelis e Vittorio Brambilla. Poi ci fu un periodo in cui gli italiani erano 14: bastava che dicessi a uno della partita, e c’era un passaparola incredibile. Gli altri piloti si unirono dopo, perché ne sentivano talmente parlar bene, che ci chiedevano di poter venire a giocare insieme a noi. Erano altri tempi, i piloti erano decisamente più amici tra di loro. Oggi, invece, devono aspettare di ritrovarsi negli spogliatoi, poco prima della partita, per rilassarsi e fare quattro chiacchiere”.
Dei tanti ricordi di questi 32 anni sulla cresta dell’onda, c’è però un personaggio che le è entrato nel cuore. Michael Schumacher. Il Kaiser, l’uomo considerato un robot, è invece totalmente diverso fuori dalla pista.
“Michael Schumacher è il volano della squadra. Quando gliene parlai, l’idea gli piacque subito. In venti anni, non mi ha mai dato buca per una partita, salvo imprevisti improrogabili. Dal ’93 ad oggi, sarà mancato al massimo tre volte. E ancora oggi è molto attivo. Gli piace il calcio, è generoso e soprattutto adora la compagnia. Quando giochiamo a Padova, ci riuniamo nel mio ristorante per festeggiare e, quando vanno via tutti, spesso ci chiudiamo in cucina da soli per una spaghettata nel pieno della notte. Michael è veramente un grande uomo”.
Quest’anno, la partita di Monza ha assunto i contorni di un grande evento anche grazie alla partecipazione di Sky. Il ricavato andrà al Comitato Maria Letizia Verga e ai ragazzi di Dynamo Camp. Di tutti i progetti realizzati, qual è quello che gli è rimasto impresso nella memoria?
“In 32 anni, abbiamo raccolto qualcosa come 16 milioni di euro e i progetti sono stati molteplici. Abbiamo portato avanti tantissime iniziative, ma – chiaramente – quella che mi è rimasta in mente è la prima, perché ha fatto accendere la scintilla per costruire il nostro piccolo progetto che, in effetti, è poi diventato una grande cosa. Rivedere quella ragazza viva e vegeta dopo 30 anni e sapere che è stato così anche per merito nostro, è uno dei momenti che mi porterò nel cuore più di qualsiasi altra cosa”.