Tecnica F1 | Stallo o non stallo… questo è il dilemma!

Approfittiamo del weekend “libero” per dedicarci all’analisi tecnica di un fenomeno molto discusso: lo “stallo” dell’ala posteriore per mezzo del DRD. Ecco la nostra teoria in merito.

stall

Si parla e se ne riparla, ma pare che una soluzione proprio non ci sia. Il riferimento è al sistema utilizzato dalla Lotus (e testato da Mercedes, Red Bull ed altri) per guadagnare qualche km/h di velocità in più sul rettilineo, diminuendo il drag (resistenza all’avanzamento) ed il lift (carico – deportanza) dell’alettone posteriore. Il circus intero denomina questo fenomeno con il termine “stallo dell’ala”, ma i puristi dell’ingegneria aerospaziale storcono il naso, asserendo che il termine non è esatto.

Noi un’idea ce la siamo fatta e ve la illustriamo, con la dovuta precisazione che chi scrive non è laureato in ingegneria aerospaziale e, pertanto, ogni concetto che leggerete è maturato da circa vent’anni di passione per l’aerodinamica delle auto da corsa ed in particolare della Formula 1. Tale circostanza, però, ci consente di spiegarvi il concetto in maniera probabilmente più comprensibile rispetto ad altri. Proviamoci!

UN PO’ DI TEORIA: COS’E’ LA “DEPORTANZA”?

Prima di partire, è necessaria una brevissima premessa: come fa un’ala di una F1 a generare carico? Quando un profilo viene investito da un flusso d’aria, questo lo avvolge. L’aria che passa dalla parte superiore lo “spinge” verso il basso, ad una certa velocità e ad alta pressione; l’aria che passa al di sotto (lungo il dorso), invece, va ad una velocità più elevata, ha quindi una pressione minore e di conseguenza “aspira” il profilo verso il basso. In una parola: deportanza (VIDEO1 – VIDEO 2). E’ il cruccio di ogni progettista e la “preghiera” di ogni pilota, visto che un’auto che aderisce al suolo il giusto, senza però opporre troppa resistenza all’avanzamento, è un’auto che funziona in maniera ideale.

STALLO AERODINAMICO:

Dopo aver capito, in termini molto semplici, come funziona un’ala, ripassiamo un po’ di definizioni teoriche generali: cos’è lo “stallo aerodinamico”? Dicesi “stallo aerodinamico” una riduzione del coefficiente di portanza dovuto ad un aumento dell’angolo d’attacco oppure alla diminuzione della velocità incidente su di un profilo aerodinamico (cit. Wikipedia). In breve: un profilo alare, quando stalla, non genera più carico. Perché ciò avviene? Perché l’aumento dell’angolo d’attacco (la maggior incidenza del profilo) genera un distacco del flusso che percorre il dorso del profilo dal dorso stesso. Questo video, seppur riferito ad un profilo di un aereo (che quindi genera portanza, non deportanza come nelle F1) chiarisce il tutto:

L’effetto è davvero chiarissimo: quando l’incidenza del profilo aumenta, il flusso (vena fluida) che percorre il dorso del profilo si stacca dallo stesso. In quel momento l’ala non è più in grado di generare lift (carico) e genera moltissimo drag (resistenza). Un brutto guaio per un pilota d’aerei…

Ora, se volessimo essere rigorosamente “didattici” ed applicare in maniera letterale questa definizione di “stallo”, non potremmo utilizzarla per spiegare cosa succede quando entra in funzione il DRD. La F1, però, è una disciplina sportiva e tecnica che prende in prestito definizioni qua e là nei vastissimi meandri delle scienze; per questo riteniamo che il termine “stallo”, pur non essendo preciso al 100%, sia quello più idoneo a spiegare cosa succede con il DRD (e che succedeva con il vecchio f-duct). Vediamo perché:

Secondo i puristi il termine “stallo” non sarebbe corretto; in un certo senso hanno le loro buone ragioni, in quanto il profilo di una formula 1, a differenza di un aereo, ha un’incidenza fissa (salvo lieve flessibilità…). Quindi, non potendo variare l’angolo d’attacco (incidenza), non può avvenire lo stallo. Inoltre, lo stallo ha come conseguenze l’aumento del drag (resistenza) e la diminuzione del lift (carico). Sarebbe un controsenso clamoroso per un dispositivo che ha come scopo proprio diminuire il drag ed il lift!

lotus-drdIn realtà, lo “stallo” generato dal DRD c’è eccome! Solo che è uno stallo specifico per un profilo da F1. Diversa è la causa, identica è la conseguenza, parzialmente diverso è l’effetto. A nostro avviso è innegabile che il DRD mandi in stallo il profilo dell’ala: il soffiaggio, infatti, serve proprio a staccare la vena fluida dal profilo. Però, ottenendo questo distacco con un soffiaggio ad alta pressione che interessa solo il dorso dell’ala, e non variando l’incidenza della stessa (come avviene nello stallo “didattico”), si evita l’aumento di drag, il quale, invece, diminuisce leggermente; e ciò perché l’aria che avvolge il profilo, staccandosi dal suo dorso, arriva a viaggiare praticamente alla stessa velocità sia sopra che sotto, rendendo il profilo quasi “neutro”.

Ovviamente è il caso che ciò avvenga quando alla monoposto non serve carico aerodinamico (in rettilineo). Quindi si può rinunciare ad una manciata di lift in virtù di una leggera diminuzione di drag, il che equivale a qualche km/h di velocità in più. Difatti, occorre precisare che lo “stallo” non è totale, non interessa l’intero profilo! Bensì solo una parte, con conseguenze minime. Per questo è così difficile settarlo a dovere. Quindi, ricapitolando:

Stallo “teorico” –> causa: variazione incidenza profilo; conseguenza: distacco vena fluida dal dorso; effetto: + drag, – lift.

Stallo “da Formula 1” –> causa: soffiaggio ad alta pressione; conseguenza: distacco vena fluida dal dorso; effetto: – drag, – lift.

Così come in tanti altri casi, quindi, gli ingegneri della Formula 1 non fanno altro che applicare concetti scientifici alle loro creature, progettando sistemi che consentano di trarre il massimo dei loro benefici limitando al minimo gli svantaggi. Ed è proprio ciò che avviene con il Drag Reduction Device, dove viene diminuita la resistenza all’avanzamento di un profilo alare mandando parzialmente in stallo lo stesso con un soffiaggio sul dorso, senza variarne l’incidenza.

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