Mark Webber, storia di un australiano volante
Fly me to the moon, recitava così il ritornello di una nota canzone di Frank Sinatra. Una melodia che ha accompagnato anche la carriera di Mark Webber, classe 1976 da Queanbeyan – Australia, autore di voli rimasti nell’immaginario collettivo degli amanti del motorsport.
La storia dello spilungone dalla mascella pronunciata iniziò dapprima in motocross, ma ben presto le due ruote e la terra andarono stretti a Mark che decise di fare il salto nei kart, vincendo nel 1993 il campionato del Nuovo Galles del Sud.
Gli anni dal 1995 al 1997 videro Webber protagonista inzialmente in Formula Ford e successivamente nella Formula 3 britannica, ove riuscì a piazzarsi quarto in campionato e nella storica gara di Macao.
Il talento australiano viene notato dai talent scout Mercedes che, nel 1998, lo ingaggiarono per disputare il campionato FIA Gt in coppia con Bernd Schneider, chiudendo al terzo posto conquistando ben cinque vittorie ed ottenendo una pole position a Le Mans.
Fu proprio il circuito francese a far conoscere Mark Webber al mondo intero nel 1999. La Mercedes aveva deciso di puntare tutte le sue risorse nella costruzione di un prototipo LMP1 per conquistare la classica 24 ore ma, per un errore di progettazione del fondo vettura, riuscì solamente a far decollare il nostro beniamino ben due volte oltre il circuito.
La dea bendata si trovava al fianco dell’australiano quei giorni, ed infatti Webber nonostante gli agghiaccianti decolli uscì praticamente illeso dalle paurose piroette aeree, giurando di non mettere più piede su quei mostri.
Mark mantenne la parola, correndo l’anno successivo in Formula 3000 e riuscendo finalmente a conquistare l’agognata Formula 1 nel 2002.
Al volante della Minardi, divenuta però di proprietà del suo connazionale Paul Stoddart, Webber riuscì a conquistare nell’inaguarale Gran Premio di Australia un inatteso quinto posto, davanti alla debuttante Toyota di Mika Salo. L’evento fu festeggiato sul podio, dopo la classica cerimonia, con Mark in estasi davanti ad un pubblico che aveva occhi soltanto per lui.
Il prosieguo della stagione 2002 non fu altrettanto felice per l’australiano, a causa dei noti problemi finanziari che relegavano la Minardi al ruolo di cenerentola della Formula 1.
Il 2003 vide Webber accasarsi alla Jaguar, scuderia dotata di un patrimonio ben più cospicuo rispetto alla scuderia con cui aveva esordito in F1. La squadra inglese navigava in cattive acque a livello tecnico ma, nonostante ciò, Mark riuscì a farsi notare per degli exploit in qualifica che gli fecero firmare, per la stagione 2005, un contratto con la Williams.
Anche l’avventura alla corte di Sir Frank, tuttavia, fu al di sotto delle aspettative a causa della mancanza di fondi. Di quella stagione, però, Mark non può certo dimenticare la conquista del primo podio della carriera nel prestigioso circuito di Monaco.
Nel 2007 Webber sbarca in Red Bull, scuderia nata proprio dalle ceneri della Jaguar. Le prime stagioni con il team anglo-austriaco furono avare di soddisfazioni, ma il duro lavoro e i grandi investimenti di Dietrich Mateschitz non potevano che dare i propri frutti.
Nel 2009 la vettura disegnata da Adrian Newey è competitiva, nonostante la rivale Brawn abbia sfruttato un buco nel regolamento che consente di adottare il famigerato diffusore double decker. Webber con la RB5 riesce a conquistare la prima pole position e la prima vittoria sul circuito del Nurburgring, cosa che riuscì a ripetere anche nel Gran Premio del Brasile.
Ma è durante la stagione 2010 che Mark ha la prima, vera, e unica occasione per lottare per il mondiale. Lo stesso anno in cui esplose la grande rivalità con il nuovo talento emergente della Formula 1, Sebastian Vettel.
Le vittorie conquistate in Spagna ed a Montecarlo videro Webber, per la prima volta in carriera, issarsi al primo posto nella classifica piloti, davanti al compagno di scuderia ed al neo ferrarista Alonso.
Le scintille tra Webber e Vettel non tardarono ad arrivare. Nel corso del Gran Premio di Turchia, i due alfieri Red Bull se la stavano suonando di santa ragione finchè, inevitabile, arrivò il botto che costò il ritiro a Vettel e la vittoria a Webber, che comunque riuscì a chiudere al terzo posto.
Ma, come dicevamo all’inizio, il ritornello della canzone di Frank Sinatra deve essere la colonna sonora della vita sportiva di Mark.
Al Gp di Valencia, infatti, un contatto con il doppiato Kovaleinen, fece decollare la Red Bull dell’australiano che si ritrovò a fare una piroetta in aria per poi, fortunatamente, ricadere sulle quattro ruote, prima di schiantarsi contro le protezioni. Anche in quel caso la dea bendata pose un mano sulla spalla di Webber che uscì illeso dall’ennesimo volo acrobativo.
Nonostante la vittoria nella successiva tappa inglese, Mark non riuscì a conquistare un titolo che sembrava alla portata, sprecando il match point nel GP di Abu Dhabi a favore del rivale di box Sebastian Vettel.
Le successive stagioni – 2011 e 2012 – videro Mark nel ruolo di gregario di lusso in un team ormai decisamente Vettel oriented. Nonostante ciò, lo scorso anno è riuscito a imporsi nei GP di Montecarlo ed in Gran Bretagna, ma anche in queste due stagioni il dito indice del rivale tedesco si agitava sempre più spesso davanti al suo naso.
La stagione odierna non ha ancora visto Webber conquistare una vittoria. Mark ci era andato vicino in Malesia, ma Vettel – in barba agli ordini di squadra – attaccò deliberatamente Webber, rubandogli la vittoria.
Probabilmente questo episodio, che ha palesemente fissato i paletti su chi fosse il numero uno in squadra (per chi avesse avuto dubbi), ha fatto dire basta a Mark che proprio in occasione del GP di Inghilterra, ha annuciato l’addio al mondo della F1 per tornare ai prototipi con la Porsche.
Nel 1999 aveva detto che non avrebbe più messo piede su quei mostri ma, dopo 4 anni di convivenza con “Seb il terribile”, Mark ha cambiato idea.
Gli auguriamo di agguantare la tanto desiderata vittoria a Le Mans e, soprattutto, che quel motivetto di Frank Sinatra non gli ronzi più per la testa!