Morrogh: “Newey? Simile a Chapman. Byrne è un genio”
Vi proponiamo l’ultimo estratto della nostra conversazione con Henry Morrogh, avvenuta sul circuito di Monza durante il nostro test con la monoposto Mirage M012 della sua scuola di pilotaggio dell’irlandese.
Genialoide, genio, geniale, principale avversario, pericolo, uomo da battere, perno fondamentale di un meccanismo che funziona, unico, il migliore. Tutto ciò racchiuso in un nome ed in un cognome: Adrian Newey.
Mille le declinazioni, gli aggettivi, le parole sprecate per l’ingegnere che ha indirizzato la progettazione delle vetture nell’ultima decade, competendo ai massimi livelli anche negli anni ’90, ma quasi nessuno aveva pensato di accostarlo ad un’altra icona dell’ingegneria della F1 quale Colin Chapman.
“Sì può tranquillamente dire che, ad oggi, Newey sia assolutamente il miglior progettista in F1. Mi ricorda molto un altro grandissimo del passato: quel fenomeno che fu Colin Chapman“. Ma da dove deriva il paragone che, di primo acchito, pare forse un po’ azzardato? Il nostro interlocutore è davvero prestigioso. E’ un uomo che ha vissuto in prima persona l’epopea di Chapman e può certamente dire la sua anche sull’ingegnere nato a Stratford-upon-Avon. Stiamo parlando di Henry Morrogh.
“Chapman, ricordo bene, era una persona non troppo simpatica. In F1 non ne trovi molte di persone affabili. Come ti dicevo c’era Fangio, ma pochi altri. Un mondo davvero difficile quello del Circus, di simpatici ce ne sono pochi, così come negli anni ’60, quando correvo. Newey, invece è un signore. Caratterialmente differente da Chapman ma accomunati dal fatto che entrambi hanno sfruttato idee del passato a loro favore. Le hanno rese moderne, riviste e riapplicate nelle loro vetture e ne hanno fatto armi vincenti. Newey lo ha fatto con il Pull-rod e tutti i vantaggi aerodinamici e strutturali che ne conseguono. Per Chapman il discorso è stato differente. Molti lo ricordano come il principale autore delle prime vetture aerodinamiche in F1. Non era vero. Fu il primo a cogliere l’importanza della soluzione già vista da altri e ad applicarla maniacalmente alle sue creature. E tutto funzionò. Ecco dove questi due grandi si assomigliano“.
Insomma, non due innovatori veri e propri, ma due uomini geniali ed intuitivi come pochi al mondo. Il colloquio con Morrogh, come abbiamo avuto modo di spiegarvi, è sempre molto cordiale ed il maestro di pilotaggio non è mai parco nelle sue dichiarazioni, le quali hanno inoltre toccato l’argomento Byrne: “Ah, Rory! Sai, lui è sudafricano, ma abita in Irlanda accanto a me. E’ mio vicino di casa. Non ti dico, non è assolutamente persona da Paddock di F1. E’ di un altro pianeta umanamente parlando, figuriamoci nel lavoro. E’ un po’ come Adrian Newey…“.
Quale occasione migliore per farci raccontare qualcosa sul progettista del magico lustro Ferrarista del nuovo millennio: “A Rory sono molto affezionato. Pensa che ha anche fatto prendere la cittadinanza irlandese ai suoi figli, si trova bene da noi. Ora si divide tra Thailandia e Maranello, ma ogni tanto viene a casa. Lui è l’unico che può contrastare Newey. Per ciò che concerne la meccanica è il migliore, senza dubbio. Un genio. Nel 2014 ci sarà una gran bella lotta tra quei due e le loro vetture, vedrete!“.
Già, staremo a vedere. Intanto ci prepariamo a godere dello spettacolo del Mondiale 2013 e, mentre Morrogh si allontana da noi entrando ai box numero 46-47 – quelli che ospitavano le nostre vetture del test – il sole è iniziato a scendere alle spalle della tribuna centrale dell’Autodromo di Monza. I motori si sono spenti, le tute riposte, i vestiti son tornati da semplici giornalisti e il maestro sale sulla sua monovolume che lo riporterà a Battipaglia. Per lui l’ennesimo giorno in pista, per noi invece l’opportunità di vivere un sogno su una monoposto a Monza e di conoscere chi ha fatto una parte di storia del motorsport e che, certamente, continuerà a farla.