Effetto Coanda: croce e delizia dei progettisti
Si parla tanto di effetto Coanda: ecco cos’è e come influirà sulle prestazioni delle attuali monoposto di Formula 1.
Gli stravolgimenti regolamentari, si sa, aguzzano l’ingegno dei migliori progettisti: la grande rivoluzione del 2009 portò alla luce il doppio diffusore della Brawn. La messa al bando di quella soluzione diede nuova linfa alla ricerca di carico aerodinamico al posteriore, giungendo così ai famigerati scarichi soffiati della Red Bull del 2010.
Newey aveva pensato di posizionare gli scarichi in una posizione più bassa di quella convenzionale, in modo tale da far sfogare i gas caldi in una zona vicina alle ruote posteriori. L’uso dei gas di scarico per ottenere dei vantaggi aerodinamici non è nuovo. L’obiettivo è quello di usare i gas caldi espulsi dagli scarichi per energizzare il flusso attorno a componenti critici come l’ala oppure, molto più importante, il diffusore.
Nel 2012 sono state abolite le mappature atte ad ottenere i vantaggi dati dall’hot blowing dei gas anche in rilascio ed è stata rivista la posizione di uscita dei terminali di scarico. Tutto ciò ha fatto subito partire una nuova caccia al carico aerodinamico posteriore, provando a servirsi ancora dei gas caldi: c’era chi puntava i terminali di scarico verso alcune zone dell’ala posteriore, altri li puntavano verso le carenature delle sospensioni posteriori facendo deviare il flusso nella direzione più propizia.
Non si riusciva, però, ad ottenere un risultato simile a quello del 2011. Bisognava principalmente fare in modo che i gas di scarico, uscenti dalla zona colorata in blu, finissero nella zona colorata in arancio. La Sauber C31 è stata la prima a riuscirci sfruttando l’effetto Coanda.
L’effetto Coanda, che prende il nome dall’ingegnere rumeno Henri Coandă, fu scoperto nel 1910. Si tratta di una proprietà posseduta dalla maggior parte dei fluidi. Secondo l’effetto Coandă un getto di fluido tende ad essere “attirato” da una superficie. Praticamente, un fluido che incide su una superficie tende a seguire il suo contorno, fino a quando la curvatura della superficie o l’angolo di incidenza del flusso con essa, non siano troppo elevati.
Chiaramente è un principio applicato in aeronautica. Infatti il volo degli aeroplani ad alta incidenza è in parte dovuto a questo effetto che permette di ritardare lo stallo, mantenendo il flusso aderente alle superfici alari.
Cerchiamo ora di capire cosa c’è dietro: un fluido, muovendosi lungo la superficie, è soggetto ad attrito. La condizione aerodinamica di no-slip, che impone una velocità del flusso nulla sulla parete, fa creare negli strati di fluido immediatamente vicini alla superficie un gradiente di velocità.
La differenza di velocità fa in modo che gli strati superiori del flusso cambino direzione e si dirigano verso la parete, dove la velocità è più bassa. Questo avviene sia a causa delle forze di interazione molecolare che della viscosità che tiene uniti i vari strati di fluido che scorrono uno sopra l’altro. Dalle equazioni della fluidodinamica si evince che questa differenza di velocità crea un gradiente di pressione normale alla superficie che provoca l’aderenza del flusso alla superficie.
Un esempio pratico – ma non perfettamente corretto – per capire l’effetto Coanda è dato da un cucchiaio posto sotto ad un rubinetto. E’ possibile vedere che il flusso aderisce alla superficie convessa e che, quando questo abbandona l’oggetto, mantiene la direzione data dal cucchiaio stesso. La non perfetta correttezza di questo esempio è causata dal fatto che si tratta di un flusso d’acqua in aria e quindi il fenomeno è principalmente dominato dalla tensione superficiale, però rende visivamente l’idea di ciò che succede ad un flusso grazie all’effetto Coanda.
Ecco trovata la soluzione per “traslare” i flussi caldi uscenti dagli scarichi in posizione alta ed arretrata fino alla superficie del diffusore. Sta quindi ai vari progettisti cercare la forma più adatta per la parte posteriore delle fiancate per fare in modo che i gas di scarico interagiscano nel modo migliore con le forme della carrozzeria per riuscire a convogliare il flusso verso la zona del fondo compresa tra il diffusore e la ruota.
Ciò non basta, perché bisogna garantire principalmente la continuità di questo vantaggio: l’espulsione dei gas caldi è, in pratica, dipendente dal grado di apertura della farfalla dell’acceleratore e questo quindi provocherebbe un andamento altalenante di tale effetto.
Si è visto allora un fiorire di forme particolari e di feritoie nella parte posteriore delle fiancate per permettere al flusso che scorre nella zona inferiore delle pance di mescolarsi ai gas caldi: questo provoca un effetto di trascinamento del flusso esterno grazie alle differenze di pressione, temperatura e velocità che ci sono tra i due flussi.
Non meno accentuato è stato lo spuntare di paratie ed alette per isolare questo flusso così prezioso dall’interazione con le turbolenze che sono provocate dalle ruote posteriori e per indirizzarlo nella maniera più corretta verso il diffusore.
Come diceva il buon Corrado, non finisce qui. Perché è certo che quest’anno vedremo un’enormità ed una varietà di soluzioni tecniche per cercare di perfezionare al massimo questo effetto. Un aperitivo lo si è avuto con i primi test di Jerez e aspettatevi l’antipasto per i test di Barcellona.
Questi sforzi progettuali saranno utili, però, solamente per questa stagione, visto che con l’applicazione dei motori turbo dal 2014 si avrà a che fare con scarichi di diversa concezione.