Lotus 88: il simbolo di un’epoca al limite dei regolamenti

Se siete tra quelli che sono rimasti a bocca spalancata dopo aver visto l’ennesima invenzione diabolica firmata Newey ed avete invocato irregolarità e penalizzazioni per la Red Bull RB8, probabilmente avete meno di 40 anni e non conoscete bene un tizio che di nome faceva Colin Champman. Colui che tra gli anni ’60, ’70 ed ’80, unitamente al nome di grandissimi piloti, rese prestigioso il marchio Lotus, scrivendo alcune delle pagine più emozionanti della storia di questo sport.

Allora, molto più che adesso, la Formula 1 era sfida continua per superare il limite, senza limiti. E senza limiti erano i piloti più forti ma soprattutto le squadre ed i relativi progettisti, che pur di far andare più forte le proprie vetture, ne tiravano fuori senza sosta di idee che oggi definiremmo “diaboliche” ed “irregolari”. Anzi, era proprio la regola d’oro: vince chi riesce ad inventarsi soluzioni vincenti e a farle funzionare prima degli altri. Ed il Sig. Champman, in questo, era un maestro senza eguali. Sua è la prima scocca portante e con struttura a pannelli e non tubolare; sue le prime sponsorizzazioni sulle vetture (il denaro è una componente fondamentale di questo sport, no?); suoi i primi alettoni su una F1, sua la prima vettura a sfruttare il famoso “effetto suolo” e con il serbatoio in posizione centrale dietro al pilota, giusto per citare le più rinomate.

Le sue invenzioni, però, proprio come succede oggi con quelle che sforna Adrian Newey ad ogni Gp, furono spesso fortemente criticate ed in alcune occasioni, come quella che stiamo per raccontarvi, anche bannate dalla Federazione, sia perchè erano costantemente al limite dei regolamenti (se non ben oltre…), sia perchè spesso mettevano in guai seri i piloti del team “garagista” inglese.

La Lotus 88 fu l’ultima vettura “estrema” frutto del genio di Colin Champman ed estremizzava il concetto di effetto suolo. Figlia della Lotus 86, la 88, presentata nel febbraio ’81 all’Albert Hall di Londra, si caratterizzava per il “doppio telaio”. In pratica la monoposto era costituita da un telaio interno in carbon-kevlar a “sandwich” con in mezzo una struttura a nido d’ape in Nomex, al quale erano collegate sospensioni di tipo convenzionale. Vi era, poi, un secondo telaio aerodinamico scorrevole su un sistema semi-rigido di molle connesso alla sospensione del telaio interno (FOTO). Questo era progettato per “abbassarsi” ed avvicinarsi al suolo quando la velocità superava i 130km/h, andando quindi a creare il famigerato effetto suolo, mentre il telaio intero lavorava indipendentemente, consentendo di utilizzare un set-up meno rigido di quello che imponevano le wing-car classiche.

Nonostante un test privato svolto in USA lontano da sguardi indiscreti, cominciarono a circolare voci su questa strabiliante soluzione. A Long Beach, dopo che Elio De Angelis fece registrare tempi pazzeschi, si sollevò il polverone, con Ferrari e Williams a capeggiare le pressioni verso la Federazione, la quale si vide costretta ad impedire alla “88” di correre, sia a Long Beach che a Rio de Janeiro, nonostante la Lotus, in realtà, avesse pienamente superato le verifiche tecniche. Le polemiche continuarono in Argentina e Colin Champman fu costretto a modificare il progetto iniziale.

A Silverstone, il RAC (la Federazione britannica) fece pressione affinchè la “88” venisse ammessa alla gara di casa, ma le proteste della Ferrari, alla quale intanto si erano unite anche l’Alfa Romeo e la Ligier-Talbot, impedirono ancora una volta che la Lotus 88 prendesse il via, ben consapevoli che la famigerata “88” a doppio telaio, se fosse stata adeguatamente sviluppata, sarebbe diventata un’arma micidiale. Ed infatti restò in garage, senza mai prendere parte a prove ufficiali, per l’immensa gioia, in fondo, di De Angelis e Mansell, che quando la guidarono si trovarono più volte nei guai con gli effetti imprevedibili di una monoposto ancora non ben sviluppata.

La Lotus “88”, però, fu l’ultimo colpo di genio di Colin Champman, che, a seguito del verdetto ufficiale della Fisa, dichiarò: “Quella che era una competizione tra sportivi è degenerata in una lotta per il controllo della F1.(…). Da quando ,22 anni fa, il Team Lotus ha iniziato a partecipare alle competizioni, nessuno ha vinto più corse e campionati di Noi. Nessun altro ha influenzato il progetto delle vetture quanto Noi. Malgrado ciò, siamo sottoposti a una pressione insostenibile da parte dei Nostri avversari che ci attaccano perchè, una volta di più, abbiamo intrapreso una strada che saranno costretti a seguire. (…) Se non si fa pulizia, la F1 s’ingolferà in un gioco di copiature, negazioni,interpretazioni meschine di regolamenti imposti.”

In realtà, anche in quell’occasione, il “Ferrari d’Inghilterra” ci aveva visto bene: troppa politica. Si racconta, infatti, che a capeggiare l’ostruzionismo isterico e selvaggio contro la creatura di Colin fosse, in realtà, il patron della Brabham, tale Bernie Ecclestone, il quale, anni addietro, si vide vietare la Brabham BT 46 con il “ventilatore” proprio a causa delle pressioni esercitate alla Federazione da Colin Champman. Ecclestone se la legò al dito ed alla prima occasione… zac!

Oggi, ad oltre 30 anni dalla leggendaria Lotus a “doppio telaio”, Adrian Newey, con le sue fantasmagoriche diavolerie, torna a scuotere il circus, a scatenare polemiche, a causa di un regolamento che, per come è strutturato, non consente ai progettisti di esprimersi liberamente, lasciando che addetti ai lavori e non, considerino quella che dovrebbe essere la normale competizione, il senso primordiale di questo sport, genio e follia da “enciclopedia”, solo spudorata e meschina interpretazione fuori norma di regolamenti imposti dall’alto. Proprio come diceva il vecchio e saggio Colin.

Qualche bella immagine della Lotus 88: FOTO1, FOTO2, FOTO3, FOTO4

Video del funzionamento della Lotus 88 a “doppio telaio”

 

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