Circuit of the Americas: storie di dollaroni da corsa

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Giusto per dare un’idea: con quasi 700.000 km quadrati di territorio, il Texas è grande più di due volte la nostra penisola. Confina con Nuovo Messico, Oklahoma, Arkansas, Louisiana e, appunto, Messico. Ha 36 abitanti/km2: è una delle regioni meno densamente abitate dell’occidente. Se vi state chiedendo perché, cercate le risposte nel termometro, nel deserto, nelle distese selvagge interrotte da pozzi petroliferi, trivelle e oleodotti. E qualche cactus, qua e là. Lo chiamano “the lone star state”, lo stato della stella solitaria. E qui, ogni storia è una contraddizione.

Gente strana, orgogliosa e indurita dal caldo, dalla polvere e da una storia in cui chiunque arrivasse qui, arraffava e poi fuggiva col bottino, per non tornare. Via, verso la California o giù, nel Messico, a godersi il mare e la spiaggia, quelli veri. Fanno ancora affari alla vecchia maniera, questi texani, con il loro cappello sempre in testa e gli stivali ai piedi. E la storia di come la Formula 1 ci è arrivata, in Texas, ne è la prova.

L’idea di un Gran Premio nello Stato della Stella solitaria viene nel 2007 a Tavo Hellmund, il figlio di un promotore di corse di Austin con il sogno della Formula 1 nel cassetto. Hellmund, oltre al sogno, ha una fortuna: suo padre, negli anni, ha conosciuto Bernie Ecclestone e i due sono divenuti buoni amici. E così Hellmund fa quello che non avrebbero fatto tutti: prende un pezzo di carta e si mette a copiare le parti più belle dei circuiti di tutto il mondo. Prende una curva da Interlagos, una variante di Silverstone e la chicane di Istanbul Park e le mette tutte insieme: quello che ne viene fuori è il tracciato del Circuit of the Americas. Questa è, in buona sostanza, l’unica cosa iniziale che non è poi cambiata.

Con il disegno arrotolato in un tubo da studente d’arte e qualche conto alla mano, Hellmund prende un aereo per Londra e va da Ecclestone. La conversazione, dicono fonti beninformate, dura nemmeno quindici minuti. Hellmund ne esce con un contratto per avere la Formula 1 ad Austin per i prossimi dieci anni, l’obbligo di una rata di 23 milioni di dollari all’anno da pagare a Formula One Management e tutti i costi di costruzione sul groppone.
Come ha convinto Ecclestone? Con un numero: secondo alcune previsioni, se la Formula uno riuscisse ad attecchire negli Stati Uniti, il ricavato del Circus passerebbe da 2 a 7 Miliardi di dollari l’anno.

Tornato in Texas, Hellmund si accorge di avere un problema: la sveglia dei conti da pagare ha già iniziato a ticchettare e lui in tasca ha un bel disegno, un pacco di cambiali e un pezzo di gomma da masticare. Servono investitori.

Il primo che gli viene in mente è Bobby Epstein, un riservato e silenzioso operatore di borsa con l’occhio lungo per gli affari e una società con 2 Miliardi di dollari di patrimonio da gestire. Inoltre, anche Epstein ha un problema: a metà anni ’90 ha comprato un enorme appezzamento di terreno fuori da Austin ma, con la crisi del mercato immobiliare, ora non sa cosa costruirci. Quando Helmund gli dice di piazzarci sopra il Circuito delle Americhe, l’unica risposta di Epstein è “Devo fare una telefonata”.

Epstein ha i soldi, ma non l’expertise nello sport e costruire un circuito da 250 Milioni di Dollari per la Formula 1, in uno Stato che ha più squadre professionistiche che abitanti per chilometro quadrato. Potrebbe non essere una buona idea. A Epstien viene in mente “Red” McCombs, un miliardario vecchio stile, di quelli con le corna di toro sul muso della Cadillac per intenderci, che negli anni ha posseduto i Minnesota Vikings, i Denver Nuggets e i San Antonio Spurs.  McCombs accetta e il triangolo, quello che nessuno neanche all’epoca aveva considerato, è formato.

Hellmund, Epstein e McCombs si incontrano al Wild Bubba’s Grill, un dinner a Del Valle Texas, uno di quei posti che dovete assolutamente andare a vedere, a costo di non crederci,  che espongono a giorni alterni la grande scrita “Eat Buffalo Today” (mangiate bufalo oggi) o “Fried Coyote Tail” (coda di coyote arrosto) sulla statale che passa lì davanti.
Si forma la Accelerator Holdings, la società responsabile della costruzione dell’autodromo e della gestione dello stesso nei prossimi dieci anni, fino a quando non scadrà il contratto con Ecclestone e con Ezpeleta – il numero uno della MotoGP- con cui, nel frattempo, Hellmund ha firmato. I tre si accordano e McCombs e Epstein promettono di trovare 190 Milioni di dollari entro il 31 marzo 2011. Questo che si consuma al Wild Bubba’s è l’ultimo scampolo di serenità della storia del Circuito delle Americhe. Da qui in avanti la faccenda si risolve nella versione odierna del duello da saloon.

McCombs e Epstein si accorgono di avere probabilmente corso troppo: in Texas a nessuno interessa niente della F1. Ne abbiamo già abbastanza del football, del basket universitario e del Rodeo, gli dicono. Intanto il 31 Marzo si avvicina e i due non han trovato un accordo, che fosse uno, con gli istituti di credito e sorge il dubbio che probabilmente l’idea non era proprio così buona. In compenso Hellmund non aiuta. A lui piacciono le auto e le corse, ma Epstein e McCombs non vogliono solo finanziare una gara: devono gestire una struttura che costa 250 Milioni di dollari e che deve produrre soldi per dieci anni, con o senza la Formula 1. A complicare la cosa arriva una telefonata da Londra che annuncia che la gara di Austin, Texas, è stata inserita nel calendario F1 2012. Precisamente il 17 Giugno. Prestissimo.

Intanto, McCombs e Epstein, mentre prendono tempo con il capo del Circus, escludono Hellmund dal processo decisionale e assumono Steve Sexton come Presidente del Circuito con lo stipendio faraonico di 500.000$ annui. Sexton non tarda a mettersi in moto. In meno di una ventina di giorni firma un accordo con Live Nation (una produzione di concerti e Live Show) per l’anfiteatro interno al Circuito e propone di trasformare la zona dietro la tribuna centrale in un prestigioso campo da calcio. Oltre le grane legali, contrattuali e manageriali, intanto, la costruzione del circuito andava avanti fra non poche brighe ingegneristiche e progettuali. “Siete sicuri che qui ci vada una parabolica?” – chiederà un giorno uno dei capocantieri – “Vi costerà una fortuna”. Quando poi lo Stato del Texas impone alla pista di dotarsi di tecnologie per il rinnovabile, la costruzione del Circuits of Americas tocca i 450 Milioni di dollari, quasi il doppio dei 250 previsti all’inizio.

Hellmund, preoccupato dell’avanzamento del progetto, riesce a convincere Ecclestone a spostare in avanti il Gran Premio. Il Supremo accetta e posticipa la gara a Novembre 2012. Fatto questo, Hellmund cerca altri investitori per rimpiazzare la coppia Epstein McCombs. I due lo scoprono e per tutta risposta gli offrono 18 milioni di dollari per mollare i contratti con MotoGP e F1 e uscire dalla società. Hellmund rifiuta, lascia di fatto la costruzione in stallo e minaccia di stracciare il contratto con FOM e mandare tutto a ramengo. Persone informate sui fatti riportano che, da quel momento, e per alcuni mesi in avanti Hellmund non si farà più vedere in Texas.

Stavolta è Epstein a prendere un aereo per Londra: vuole spiegare ad Ecclestone il problema e convincerlo a dare a lui i diritti per i Gran Premi. La conversazione suona qualcosa come: “Hellmund sta mandando tutto a rotoli”, “Sono affari vostri, risolvetevela fra voi americani”. È il Novembre 2011 e Epstein entra nel cantiere fuori Austin con la sua Cadillac Escalade per annunciare ad ingegneri ed operai che la costruzione è sospesa fino a nuovo ordine. Non ha senso proseguire con il circuito se non si ha neppure la certezza che si faccia il maledetto Gran Premio.

Per l’ennesima volta nella vicenda, Epstein prende un volo per l’Inghilterra e convince Ecclestone a vendergli il contratto per disputare i gran premi F1: o così o non se ne fa nulla, spiega Epstein. Ecclestone accetta, visto che ormai la gara è in calendario ed è tropppo tardi per dire che non si corre più negli Stati Uniti, ma impone un aumento del prezzo. 25 milioni all’anno anziché 23. A questo punto torna in Texas con una situazione abbastanza complicata da sbrogliare: non essendosi Hellmund ancora formalmente allontanato dalla società, Epstein ha appena acquistato i diritti per una gara che sulla carta appartengono ad un suo socio di affari. La denuncia di Hellmund non tarda ad arrivare.

In tribunale, Hellmund, Epstein e McCombs si accordano: a fronte di un buyout di 18 milioni di dollari, Hellmund abbandona la società lasciando ai due soci tutti i diritti. Anche McCombs se ne chiama improvvisamente fuori, lasciando ad Epstein, per una cifra non ben precisata, tutte le sue quote ma tenendosi un ruolo di contorno di consulente.

Epstein però, che non sarà uomo di sport ma è uomo d’affari, si è già circondato di forze fresche, economicamente parlando, fra cui John Paul DeJoria, e di testimonial d’eccezione, fra cui Mario Andretti.

Ora, a pochi giorni dal Gran Premio, la costruzione del Circuito delle Americhe è pressoché finita e i 100.000 biglietti per il Gran Premio sono già stati venduti. Anche il Paddock Club è pronto, ci stanno passando l’aspirapolvere. Conta 12 suite che costano 4.500$ l’una al giorno. Stando alle stime, fra concerti, Formula 1, MotoGP e altre corse, la pista dovrebbe fruttare al territorio 300 Milioni di dollari l’anno. Staremo a vedere.

Una cosa è certa: Espstein non se l’aspettava proprio che finisse così. Guardando il Circuit of the Americas quasi ultimato, si dice abbia sussurrato a un giornalista: “A me non piacciono le corse. A me piacciono le operazioni in borsa: non ti rispondono male, non ti denunciano, non ti fanno prendere l’aereo per andarci a parlare, lavorano di notte e nei weekend. Ma sa una cosa? Quando vedrò una macchina fare un giro su questa stramaledetta pista, quello sarà il giorno più bello della mia vita”.

Emanuele Venturoli – RTR Sports Marketing

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