Grosjean come Irvine in Brasile ’94: botto e squalifica
L’incidente causato da Grosjean ieri a Spa in occasione della 63esima edizione del Gp del Belgio sta facendo discutere moltissimo e continuerà a farlo a lungo, soprattutto in virtù della squalifica inflitta dalla Fia, che costringerà il francese a guardare l’imminente Gp di Italia comodamente seduto in divano.
Al di là delle motivazioni della squalifica, condivisibili o meno (in particolare quella relativa alle “vittime illustri”), in molti concordano con la decisione della Federazione nei confronti di Romain, troppo spesso protagonista di incidenti nel momento più convulso, e quindi più pericoloso, della corsa: la partenza. Lo stesso pilota, pur essendo rammaricato per la pena inflitta, ha ammesso che approfitterà della sosta forzata per riflettere e, magari, darsi una calmata; anche perchè, al di là dei botti (che lo hanno messo ko in ben 7 occasioni), Grosjean ha mostrato delle doti velocistiche degne di nota e sarebbe davvero un peccato veder sprecato un talento simile per degli errori così stupidi.
Tuttavia, non è la prima volta che la Fia intraprende una linea così dura nei confronti di un pilota. Il caso più recente risale al 1994, in seguito all’incidente causato da Irvine, in una dinamica molto simile alla carambola vista ieri a Spa. Il pilota irlandese, infatti, durante il Gp del Brasile 1994, chiuse la porta a Verstappen e costrinse il pilota della Benetton a mettere le gomme sull’erba (molto simile a quanto successo ieri tra Grosjean ed Hamilton), cosa che causò ovviamente il “testacoda” dell’olandese. La carambola fu inevitabile e Verstappen decollò sulla McLaren dell’incolpevole Martin Brundle (che era in frenata, proprio come Alonso), colpendogli addirittura il casco con la posteriore destra.
Fortunatamente non ci furono conseguenze per i piloti, in particolare per Brundle, che ricevette un forte colpo alla testa ed al collo. La Fia, però, decise di punire Irvine con una giornata di squalifica e 10000 dollari di multa. La Jordan fece appello, ma il tribunale d’appello di Parigi non solo confermò la decisione, ma addirittura elevò la squalifica a tre gare (cancellando però l’ammenda) per il comportamento tenuto dal pilota della Jordan.
Quello di Irvine, unitamente a quello di Grosjean, è uno dei pochi casi in cui la Federazione ha adottato un provvedimento del genere, giustificato, in entrambi i casi, da una condotta pericolosa per l’incolumità dei piloti, più che antisportiva. La storia ricorda un altro provvedimento simile, subìto nel 1978 da Riccardo Patrese, reo, secondo i colleghi, di aver causato l’incidente che costò la vita a Ronnie Peterson pochi metri dopo il via del Gp di Monza.