Il curioso caso di Jenson Button
Tutto cambia velocemente in Formula 1. Talmente troppo rapidamente che qualcuno ha quasi dimenticato che, all’inizio di questa stagione, la McLaren sembrava un missile e Red Bull – insieme a Ferrari – inseguvano a distanza.
In Australia, dopo la pole di Hamilton, tutti si aspettavano una vittoria dell’anglocaraibico. E, invece, ad avere la meglio sugli avversari era stato il buon Button, autore di una gara perfetta dal primo all’ultimo giro. JB era in palla, convinto che questo poteva essere l’anno del riscatto. In Malesia la pioggia ha reso tutto una lotteria e Jenson ha chiuso quattordicesimo, ma il suo morale è tornato alto nella gara seguente, in Cina, dove è tornato sul podio dietro a Rosberg, ma davanti al compagno Hamilton.
Sembrava il suo anno. Almeno, prima che gli altri iniziassero a sfornare aggiornamenti più azzeccati di quelli made in Woking. Diciottesimo in Bahrain, nono in Spagna, ritirato a Monaco, sedicesimo in Canada. A Valencia ha rimediato un ottavo posto, mentre a Silverstone è entrato in Top Ten sfruttando un errore di Hulkenberg all’ultima curva. Risultati che deludono tutti: team, pilota e tifosi.
50 punti in nove gare: metà dei quali conquistati grazie alla vittoria australiana. Una involuzione tanto marcata, quanto inaspettata. Ma non è certo tutta colpa di Jenson. Gli errori al box sono stati parecchi, ma ciò che ha penalizzato veramente JB è stato uno sviluppo anomalo della monoposto che ha, di fatto, abbassato l’asticella delle prestazioni. L’ultimo GP a Silverstone ha evidenziato proprio questo: il pacchetto “Evo” della MP4-27 non ha dato i risultati sperati.
E se lo si pone in confronto al compagno Hamilton, la domanda nasce spontanea: perché Jenson non riesce a replicare le prestazioni dell’anglocaraibico? I 42 punti di distacco rimediati in classifica iniziano a pesare. In McLaren parlano di problemi di setup e lo stesso Neale ha più volte detto che non è una questione di facile risoluzione.
Naturale, dunque, che JB perda feeling con la monoposto e contemporaneamente anche punti preziosi per la lotta al titolo. E, nonostante in McLaren il motto sia Never say Never, in un Mondiale equilibrato come questo, a Woking sanno già che – salvo miracoli estivi – la vettura numero 3 è già ampiamente fuori dalla lotta al titolo.