La febbre Villeneuve: la corsa verso il Mito
Gilles Villeneve era, e rimane, uno dei più grandi eroi della Formula 1. Personificava la definizione dell’eroe, ammirata per il suo coraggio e le sue imprese in pista. Ma la corsa verso il mito è stata piuttosto accidentata, anche se spesso qualcuno non vuole ricordarlo.
Villeneuve fu portato in Formula 1 dalla McLaren, dopo aver vinto nel ’77 la Formula Atlantic. Il debutto nella massima serie dell’automobilismo a ruote scoperte avviene sul circuito di Silverstone, in occasione del GP di Gran Bretagna. Ben presto si ritrova in zona punti, fino a quando un problema tecnico lo costringe a rallentare e scivolare in nona posizione. Enzo Ferrari, che teneva già d’occhio il giovane canadese, gli fece firmare un contratto già quella stessa estate. Gilles si vestì di rosso per gli ultimi due GP della stagione, ossia dopo che Niki Lauda decise di lasciare anzitempo la squadra, in seguito alla conquista del titolo mondiale a Watkins Glen.
La prima al volante del Cavallino avviene a Mosport, in Canada, ma la gara si concluse con un testacoda e la rotture del semiasse. Appena due settimane dopo, sul circuito del Fuji in Giappone, Villeneuve tocca Peterson e la sua monoposto – come impazzita – finisce oltre le protezioni, causando due morti ed una decina di feriti, mentre i piloti ne uscirono illesi. La stampa si scagliò contro la decisione del Drake di portare Gilles alla Ferrari. La Gazzetta dello Sport, il 25 ottobre ’77, a firma di Athos Evangelisti scriveva: “Il fatto è che Villeneuve è stato un acquisto a scatola chiusa. Non si può dire che i risultati siano stati confortanti, in tutte e due le occasioni, in prova e in gara, il canadese ha commesso degli errori”.
Lo stile di guida spericolato di Villeneuve fu messo sotto accusa anche l’anno seguente. Al secondo GP della stagione 1978, durante il GP del Brasile a Rio De Janeiro, Villeneuve si scontra ancora con Peterson. Si apre un fronte anti-Villeneuve che trova il suo apice nella gara di Long Beach, in California. Villeneuve si ritrova in testa alla gara per la prima volta, ma butta via la vittoria dopo un contatto con Regazzoni, che era doppiato. Gilles tentò un sorpasso impossibile, decollando sopra la Shadow di Clay e finendo la sua corsa contro le barriere.
Ancora una volta, Gilles si ritrovò alle prese con la sua irruenza e la sua grinta. Oltre alle critiche, iniziano a nascere i nomignoli come “Air Canada” e “Aviatore”. Perché il canadese aveva un’attitudine alle manovre azzardate che spesso lo facevano finire a ruote all’aria. Volava, nel vero senso della parola. Gli appassionati, però, lo amavano. La gara della svolta avviene sulla pista che oggi porta il suo nome. GP del Canada, sulla nuova pista dell’Ile de Notre-Dame, per il GP di Canada 1978.
Pino Allievi, il 9 Ottobre 1978, scriveva così sulla Gazzetta dello Sport: “E’ finalmente arrivata la grande affermazione di Gilles Villeneuve, quella che non solo il pubblico canadese attendeva, ma anche tutti gli uomini della Ferrari: dai meccanici, ai tecnici, al commendatore, legati a questo piccolo pilota da un vincolo di simpatia e di stima davvero insolito in un ambiente privo di sentimenti come quello della Formula 1. […] Con il trionfo di ieri, le polemiche si chiudono: Villeneuve ha dimostrato di essere un pilota che si adatta alla perfezione alla Ferrari e certamente, quando riuscirà ad acquisire anche l’autorità che è propria delle prime guide, potrà aspirare a un titolo mondiale”.
Ma è nel 1979 che scoppia la “Febbre Villeneuve”. Una denominazione che era nata come slogan per pubblicizzare il GP del Canada, ripresa poi dall’allora direttore di Autosprint, Marcello Sabbatini, che fa propria questa frase e la rilancia per descrivere il clima di perenne eccitazione che si era creato intorno alla figura di Gilles. Nel GP di Digione di quell’anno, che rivivremo nei prossimi giorni quando parleremo delle gare più belle di Gilles, il canadese entra nella leggenda dell’automobilismo mondiale. Famosissimo il suo duello tra la Renault di René Arnoux e la Ferrari di Gilles. Una sfida infernale, uno scontro a due che ha entusiasmato i milioni di telespettatori. Una battaglia epica, ruota contro ruota, che rimarrà indelebile negli occhi di tutti.
Le qualità del canadese vengono fuori nel momento del bisogno. Gilles si ritrova a fare da gregario a Jody Scheckter, suo compagno di squadra. I piani di Maranello sono decisi: con un mondiale in ballo da vincere al GP d’Italia a Monza, Villeneuve si cala perfettamente nel ruolo. Alla vigilia della corsa, Gilles prese da parte Jody e gli disse: “Stai tranquillo. Domani alle tue spalle ci sarò io. Puoi contare su di me. Magari, l’anno prossimo mi darai tu una mano, se ne avrò bisogno”. Un atto di lealtà che Scheckter non aveva mai ricevuto prima. Un gesto che lo conquisterà totalmente, tanto che i due diventeranno veri amici anche fuori dalla pista. In quel GP a Monza, fu chiaro fin da subito che la Ferrari di Gilles era più veloce di quella di Jody, ma il canadese mantenne la promessa. Scheckter vinse così il titolo mondiale e, una volta sceso dalla monoposto, disse: “Ringrazio l’ingegner Ferrari che mi ha dato una macchina adatta a puntare al titolo. E ringrazio Villeneuve per la sua correttezza e la sua lealtà”.
Nel 1980 la Ferrari T5 fu un disastro. Abituato ad avere una vettura competitiva, si ritrova a fare miracoli per strappare dei piazzamenti. La parabola discendente della Rossa e Villeneuve è sempre più rapida. L’anno seguente, le cose migliorarono di poco. Nonostante la palese inferiorità tecnica della 126 C Turbo, Villeneuve riesce a conquistare la vittoria a Monaco. Un trionfo inaspettato, che l’allora direttore della Gazzetta, Candido Cannavò, descrisse così: “Quando si capì che la macchina rossa poteva farcela, la rilassata Italia del pomeriggio domenicale, scattò idealmente in piedi. E’ un momento da fissare nella memoria, al di là del fatto sportivo. La Ferrari tornava a ruggire nel cuore di tutti, dopo quasi due anni di attesa”.
Due settimane dopo, a Jarama, per il GP di Spagna, Gilles riesce a fare il bis, nonostante una vettura lontana dall’eccellenza tecnica delle avversarie. Fu quella l’ultima vittoria del canadese, che guidò per 50 giri con quattro avversari alle calcagna.
Gilles stava maturando come pilota. Iniziava a guidare da campione. Gli bastava una vettura più competitiva per puntare al titolo mondiale. E la Ferrari, nel 1982, gli mise a disposizione una monoposto in grado di puntare in alto.
Ma, di questo, ne riparleremo domani. [Continua….]