“La F1 che vorrei”, l’opinione di Mario Donnini
Spenti i motori in quel di Budapest, si riaccendono i cervelli per “La F1 che vorrei”. Nella calda estate senza gare, avremo modo di continuare a far commentare le vostre idee per una Formula 1 migliore ai nomi più noti ed amati del giornalismo italiano, in attesa della consegna di raccogliere tutto in un volume cartaceo che consegneremo a Stefano Domenicali in occasione del Fota Fans Forum di Settembre.
Questa settimana ospitiamo con estremo piacere Mario Donnini, famosa firma di Autosprint che si contraddistingue per incisività e forza comunicativa. Un Cuore da Corsa che non si tira indietro nel criticare l’attuale Formula 1 che necessità di un cambiamento radicale.
D: Molti dei nostri lettori invocano un impegno più massiccio di Pirelli, invitata a portare tutte le mescole nel weekend di gara e lasciare liberi i team di poter scegliere quale utilizzare. Pensi sia una cosa fattibile?
R: “Ho idee ben diverse e più radicali. Basta con queste pagliacciate: monogomma e monomescola per tutti. Bisogna togliere completamente valore alle gomme, che non rappresentano assolutamente nulla, niente e nessuno. Il valzer delle mescole e dei pit stop è tra i maggiori responsabili della ‘wrestlinghizzazione” della F.1 e delle corse in genere’. Smettiamocela e torniamo a gare senza soste, se non per sostituire una gomma bucata o mettere le rain: non se ne può più dei mondiali decisi da un meccanico stressato che sbaglia”.
D: Tra le proposte degli appassionati, ne spicca una che attinge dalla MotoGP. Dato che si parla sempre più spesso di riduzione dei consumi, qualcuno suggeriva di stabilire un quantitativo fisso di carburante da imbarcare sulle monoposto, costringendo così i motoristi a lavorare anche su questo aspetto. Potrebbe essere una valida idea?
R: “La formula di limitazione del consumo è senz’altro la più interessante e intelligente, oltre a essere quella politicamente più attuale rispetto alle esigenze e alle problematiche del mondo circostante”.
D: Passando alle proposte sulla gestione della corsa vera e propria, si è discusso tanto anche per come, negli ultimi anni, la pioggia sia diventata uno spauracchio e i piloti invochino subito la safety car al primo accenno di aquaplaning. La sensazione è che ormai basta anche qualche spruzzo d’acqua per avere anche una partenza dietro la vettura di sicurezza…
R: “Dico che è una vergogna. Non ha senso tutto ciò. Semplicemente la Formula 1 ha perso completamente le connotazioni di sport estremo per incamminarsi nei contesti quieti e nei climi da Mulino Bianco, dei tornei di bocce o delle merende dei bimbi mentre giocano alla PlayStation. Assurdo, come se mettessimo milioni di materassi attorno all’Everest sminuendo gli alpinisti o svuotassimo il mare e fermassimo il vento per rendere meno pericolose le regate in solitaria.Eppure quelli che dovrebbero fare la voce grossa stanno zitti e buoni, perché tanto una fetta di torta ci scappa per tutti”.
D: Infine, ultima domanda che è quella di rito. Su cosa lavorerebbe Mario Donnini per migliorare la Formula 1?
R: “Bisogna riaprire le porte, permettere a 15-20 team di iscriversi, ricreare una motorizzazione standard commerciale, come fu la Cosworth negli Anni ’70 e chiudere definitivamente questa parentesi della F.1 ricchissima e gestita dalle corporation, una delle parentesi più di cattivo gusto – con tutto quel danarume sterile ostentato nei paddock -malinconici, noiosi e kitsch in tutta la sessantennale storia del mondiale – per dare spazio a un mucchio selvaggio di squadre medio-piccole”, con la lotta per la pole e quella per la qualificazione.
E comunque l’equivoco di fondo è quello delle piste. La F.1 ha il 75% dei circuiti che sarebbero troppo mosci pure per disputarci un mondiale kart. Non ha senso favorire i sorpassi correndo con ali mobili o ciabatte sui cerchioni, ma ne avrebbe tanto se si facessero tornare a correre le monoposto su piste vere, di livello anche più basso ma, non troppo, di Spa, che è e resta il circuito migliore. La verità? Eccola: in questi anni l’architetto Tilke è stato l’autore materiale delle esecuzioni che hanno ucciso le piste più belle del mondiale – penso alla vecchia Hockenheim -, con Ecclestone in veste di mandante e i costruttori silenziosi e plaudenti. Vergogna un’altra volta, direi”.