Nel ricordo di Michele Alboreto

Come fare a ricordare qualcuno che non c’è più senza rischiare di cadere nella retorica? E’ piuttosto difficile, in realtà. Specie se la persona che ci ha lasciati rasentava quasi la perfezione. Il ricordo va indietro negli anni, a quel 25 aprile 2001, quando Michele Alboreto ci ha lasciati per sempre.

E lo ha fatto  così come era arrivato, in punta di piedi. Non ha mai fatto rumore Michele, non ha mai alzato la voce una volta, sempre rispettoso di tutto e tutti. Tipico atteggiamento di chi si era dovuto “fare da solo”. Molto apprezzato nell’ambiente motoristico, si è fatto amare da colleghi e rivali, proprio per il suo modo di fare sincero e genuino.

Michele Alboreto è stato uno dei migliori piloti italiani. Lo riconobbe anche Enzo Ferrari che, dopo averlo ammirato nei due anni della Tyrrel, decise di portarlo alla Scuderia di Maranello: fu forse questo l’ultimo colpo di genio del Drake, che vedeva in lui l’erede di Alberto Ascari. Nonostante il talento, Michele non è stato fortunato: solamente nel 1985 riuscì ad avvicinarsi al titolo mondiale, poi vinto da Prost su McLaren Tag Porsche. Lasciò la Ferrari al termine del 1988, anno in cui morì il Drake. Senza di lui, infatti, Alboreto non aveva lo stesso supporto in squadra e lo si capì al GP di Monza ’88 quando, in testa alla corsa, fu costretto a lasciare la vittoria a Berger per un ordine di scuderia.

Michele lasciò la Formula 1 nel 1994, dopo delle parentesi poco felici con squadre minori. Passò quindi alle ruote coperte, correndo con l’Alfa Corse nel campionato italiano turismo e nel DTM, prima di arrivare nel 1996 alla 24 ore di Le Mans. In questa categoria, nel 1998, divenne il pilota di punta dell’Audi Sport, fino a quel tragico 25 aprile 2001.Una fatalità se lo portò via durante una sessione di prove nella fredda Germania, lontano dal suo pubblico che lo amava.

Volevamo ricordare insieme a voi il volto buono della F1, per non perdere le tracce di una persona straordinaria. Chi lo ha conosciuto ne parla come una persona riservata, ma educata e precisa, che non si negava mai. Un uomo di cuore, del quale conserviamo un grande ricordo.

Difficile trovare le parole per ricordare al meglio Michele. Forse le parole di chi ci ha vissuto a lungo potrebbe farci capire qualcosa: i veterani del paddock sorridono sempre, quando si pensa a lui: le partite a carte con Pasticcino (il cuoco che era in Ferrari), i ricordi dei colleghi e i regali ai meccanici. Per esempio, Gabriele Pagliarini, un meccanico Ferrari ai tempi di Alboreto, ha raccontato: “Alla fine del 1985, ci invitò tutti a cena e ci disse ‘Vi ho fatto viaggiare tutto l’anno per me, ora è tempo che vi faccia viaggiare per voi’. Pagò a tutti una vacanza con moglie o fidanzata, a scelta tra le Maldive o il Kenya”.

Ivan Capelli ne mantiene, ancora oggi, un grande ricordo: “E’ stato il faro della mia generazione. Una volta a Detroit, in qualifica, lo feci sbattere ma non mi ero accorto di nulla. Quando ci spiegammo nei box, mi parlò senza ira. Gentile anche in quella occasione, dimostrando quanto era uomo, dentro e fuori dall’abitacolo”.

Se ne è andato un pezzo della nostra storia. Ma non possiamo certo dimenticarlo. Ciao Michele!

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