Pirelli: gomme poco “spettacolari”?
Aumentare lo spettacolo è il trend che regna sovrano nei progetti della Fia ormai da oltre un decennio. Le hanno provate praticamente tutte: gomme scanalate, giro secco in qualifica, passando per l’abolizione dei cambi gomme, poi la qualifica in tre fasi, fino all’abolizione del rifornimento, al flap anteriore mobile, poi a quello posteriore e solo Dio sa quale diavoleria si inventeranno nei prossimi anni. Alle tante variabili previste per la stagione 2011, che già ben conosciamo, quest’anno si è aggiunto anche l’avvicendamento Bridgestone-Pirelli, con l’azienda italiana per la prima volta unica fornitrice di pneumatici. E’ ovvio che tra i tanti fattori, quello “gomme” è certamente il più influente sulle prestazioni delle monoposto di F1.
Sin dai primi test si era capito che la Pirelli aveva intenzione di offrire alle squadre un tipo di pneumatico che comportasse un aumento dei pit stop, cosa che generalmente significa anche più spettacolo. Più pit stop significa gomme che si degradano molto in fretta e che devono essere sostituite spesso. Al di là della prima gara di Melbourne, svoltasi su un circuito semi-cittadino che notoriamente non mette in eccessiva difficoltà gli pneumatici, la gara di Sepang ha evidenziato le innumerevoli difficoltà che hanno le squadre ed i piloti ad interpretare le gomme italiane. Il podio e l’ordine d’arrivo complessivo malese rendono evidente la situazione: vince chi risparmia le gomme, o, per usare un eufemismo, “chi va piano va sano e va lontano”. Kers, ala mobile e compagnia cantando contano molto di meno, anzi, paradossalmente l’utilizzo di questi dispositivi si può ripercuotere negativamente sui consumi degli pneumatici.
Certamente non si può dire che Vettel sia uno che tiene su il piede, ma il distacco dagli altri concorrenti, per quanto imbarazzante, si è ridotto almeno in termini di “supremazia”, nel senso che la Red Bull, rispetto alle qualifiche, dove la vettura di Newey domina pressochè incontrastata le prime file, in gara va molto più piano di quanto potrebbe. Il resto del podio è la conferma dell’eufemismo di cui sopra; sia Button che Heidfeld non hanno certo la fama di essere due velocisti, ma sono notoriamente in grado più di altri di risparmiare la meccanica delle monoposto che guidano. Si trovano in difficoltà, invece, quei piloti che hanno uno stile di guida più aggressivo, che sono sempre a caccia del sorpasso, della rimonta impossibile e che quindi stressano maggiormente la macchina; praticamente Hamilton ed Alonso. Il primo è quasi costantemente con le ruote fumanti; il secondo ha doti velocistiche che gli consentono di recuperare secondi su secondi da chi gli è davanti. Facile ipotizzare come mai la Ferrari in qualifica vada un secondo più lenta della Red Bull e in gara riesca a tenere il passo: in gara la Red Bull, semplicemente, va più piano per fermarsi una volta in meno degli altri. Così è successo in Australia e così è successo in Malesia.
La questione dovrebbe quindi essere evidente: chi ha uno stile di guida aggressivo non vince. Se sostituiamo il periodo “chi ha uno stile di guida aggressivo” con “chi tenta sorpassi e rimonte”, otteniamo la seguente conclusione: chi tenta sorpassi e rimonte non vince. E’ questa l’inconfutabile analisi che tocca fare dopo due GP. Con le Pirelli è vietato tuffarsi in staccate a ruote fumanti, vietato restare troppo in scia, vietato azzardare stint di gara più lunghi, vietato programmare tattiche con un solo pit stop, vietato montare le gomme morbide negli ultimi stint quando la macchina è leggerissima; pena: ritrovarsi con le gomme a brandelli dopo poche tornate e fare l’abbonamento ai box. La mescola morbida si consuma troppo velocemente e garantisce solo quattro o cinque giri ad alto ritmo; quella più dura è troppo lenta rispetto alla morbida e si degrada comunque troppo in fretta, rendendo impossibile azzardare una gara con meno pit stop.
Altro che spettacolo insomma! Queste gomme premiano i “ragionieri”, non incentivano minimamente i sorpassi. Praticamente è un pò come imporre ai calciatori di giocare da fermi, arrivando in porta con tre quattro passaggi, ma niente dribbling o inutili scatti sulla fascia. Certamente una gara con più pit stop è spettacolare, o meno soporifera del solito; le carte si mescolano in continuazione, così come la leadership del GP. Ma si ritorna nuovamente alla questione “spettacolo”: niente sorpassi. Se poi ci mettiamo che chi tenta un sorpasso viene anche penalizzato per averci provato troppo presto e aver rovinato la propria ala, abbiamo la definitiva conferma che si sta andando ancora una volta nella direzione sbagliata. Ben vengano fantomatici “incentivi” ai sorpassi come Kers e ali mobili, ma bisogna fare in modo che i piloti ci provino, non che debbano desistere per paura di rovinare le gomme. La formula 1 è uno sport che deve basarsi sulla velocità, non su fantomatiche economie gestionali.