Red Bull tra coerenza e cinismo, la soluzione? Webber
Certo che la squadra appena laureatasi campione del mondo nella classifica marche, stavolta, la vita se l’è complicata parecchio, altrochè. Essì perchè ergersi a portabandiera del valore di lealtà sportiva condannando fin dal principio ogni pratica di squadra rischia di diventare per Milton Keynes la peggior arma a doppio taglio immaginabile.
A perseverare nella scelta di non interferire in alcun modo con il risultato della pista la Red Bull potrebbe scottarsi non poco, gettando alle ortiche un titolo a portata di mano e dal valore inestimabile per una scuderia così giovane , il più importante dell’automobilismo sportivo. E’ impossibile che, con l’astronave di cui dispongono, Horner, Newey e compagnia bella possano accontentarsi del solo titolo Costruttori.
Se il Gp di Abu Dhabi finisse con lo stesso ordine d’arrivo di Interlagos Alonso diventerebbe campione del mondo mentre la Red Bull finirebbe per essere probabilmente derisa dall’ intero circus. A testa alta però, senza sconfessare la loro filosofia societaria; Red Bull, energy drink, sport estremi, competizione, stop.
Più plausibile però che i bibitari, conferendo la giusta importanza al risultato sportivo evitino di fare “…l’ennesimo regalo a Fernando Alonso” per citare il sibilino Horner tutto sorrisi e spumante di San Paolo.
Eccola allora l’apertura mentale al tanto vituperato pragma, all’utilità di una scelta che in F1 esiste da sempre, altrimenti si correrebbe con ventiquattro vetture di colore diverso non due per team.
Immaginatevelo il momento ad Abu Dhabi nel quale Vettel sarà invitato dal muretto in blu a stendere un tappeto rosso all’accorente Webber, pronto all’iride. Titolo e festa ma anche l’imbarazzo per aver rinnegato proprio all’ultimo tutti i loro principi mandando sulle furie il boss Mateschitz nonchè Helmut Marko, che di un trentaquattrenne campione del mondo non se ne fa proprio nulla, anzi si, gli servirebbe per dare l’ addio al tanto proclamato programma “giovani piloti”.
Perchè a voler essere cattivi si potrebbe quasi pensare che tutta questa ideologia del puro agonismo sia solo servita nel corso dell’anno come copertura per il vero scopo del team, quello di far risalire la china al pupillo Sebastian Vettel, sicuramente un campioncino e il più veloce degli ultimi tempi, ma che per errori suoi e del team ha visto compromessa la sua corsa iridata. Ma no, troppa dietrologia, torniamo a noi.
L’unica combinazione in condizioni normali per la Red Bull di salvare faccia e mondiale e di passare agli annali come campioni in pista e di comportamento è disporre ad Abu Dhabi del miglior Webber della stagione. Se Mark, apparso quasi snobbato dal team, riuscisse con le sue sole forze a dominare la gara e a vincere il mondiale mettendo fin da sabato le ruote davanti all’indiavolato Sebastian, il muretto dei tori sarebbe sollevato dall’onere di dover prendere una decisione cruciale e delicata e in nessun caso pienamente vincente perchè scegliere tra coerenza e pragmatismo non è cosa facile, è in gioco la stessa credibilità del team ed il dato curioso è che la Red Bull si trova in questa situazione per responsabilità tutte sue.