Schumacher: Gpda? No, grazie
Fa senz’altro notizia il recente rifiuto del sette volte campione del mondo Michael Schumacher di tornare a far parte della Grand Prix Drivers’ Association, l’associazione dei piloti di F1 che proprio lo stesso Michael rifondò nel 1994 in seguito ai tragici eventi di Imola.
La Gpda fu fondata nel 1961 con l’intento di rendere più partecipi i piloti riguardo al tema sicurezza e ad ogni questione che li coinvolgesse direttamente. Con l’avvento della Gpda, grazie alle carismatiche presidenze di Moss, Bonnier e soprattutto Stewart, i piloti cominciarono a farsi sentire, riuscendo anche a vincere numerose battaglie con la Federazione. Famosa è l’opposizione della Gpda al progetto della superlicenza introdotta dalla Fisa nel 1982, che però si risolse in favore dei piloti capeggiati dal presidente Pironi. Purtroppo nello stesso anno un incidente sancì la fine della carriera dello stesso Didier e la Gpda, senza un punto di riferimento, si avviò verso un rapido declino, fino a sciogliersi del tutto. Nel 1994, esattamente due settimane dopo le tragiche morti di Ratzenberger e Senna al GP di Imola, la Gpda tornò alla luce, proprio su iniziativa di Michael Schumcher, che oggi invece decide di declinare la sua importante partecipazione.
Ovviamente il rifiuto di Schumi non è inerente all’irrisoria quota associativa, che si aggira sui 1200€ circa, praticamente una vera e propria sciocchezza per l’ingaggio stratosferico del tedesco. Altri addirittura hanno attribuito il rifiuto alla posizione “gloriosa” di Michael, che avrebbe preteso di non pagare in virtù della sua qualità di plurititolato.
In realtà il rifiuto di Michael pare sia causato dalla scomoda posizione di Pedro De La Rosa, attuale presidente della Gpda, che nel 2006 lasciò la Gpda in segno di protesta in seguito all’incidente provocato dall’allora ferrarista Schumacher durante le qualifiche del GP di Montecarlo.