GP d’Italia: Le scelte tecniche vincenti per Monza
Con il preziosissimo aiuto del nostro Motorsport Coach, L’ Ing. Rodi Basso, analizziamo tutte le soluzioni specifiche che gli ingegneri adotteranno per trarre il massimo dalle monoposto sul velocissimo circuito italiano.
Da un circuito storico, qual è quello di Spa-Francorchamps, la Formula 1 si trasferisce ad uno leggendario, qual è quello di Monza, dove si svolgerà l’84^ edizione del Gp di Italia (la 79^ a Monza). Un “uno-due” strepitoso in cui si concentra tutta la Formula 1, quella vera, in cui coraggio, bravura e tecnica fanno ancora decisamente la differenza.
Sappiamo quanto siano state importanti e decisive le scelte che i team hanno effettuato per Spa, pista di compromesso tra tratti veloci, dove serve una macchina con poco carico per ridurre la drag force, e tratti decisamente guidati, dove invece il grip è fondamentale e quindi bisogna avere appendici aerodinamiche efficienti.
Monza, però, rappresenta qualcosa di diverso ed ancor più atipico rispetto al circuito delle Ardenne. La pista milanese, infatti, richiede soluzioni specifiche ed uniche, alcune appositamente studiate solo per questo Gran Premio. E si tratta di soluzioni tecniche che investono le macchine nella sua totalità, dall’aerodinamica alla meccanica. Proprio per questo motivo abbiamo deciso di coinvolgere l’Ing. Rodi Basso, Motorsport coach d’eccezione, il quale ci ha aiutato ad individuare e comprendere le scelte che i tecnici effettueranno per dare ai piloti il miglior pacchetto possibile.
Partiamo, ovviamente, dall’AERODINAMICA: Monza è “il tempio della velocità” (superiamo i 330 km/h), con rettilinei decisamente lunghi intervallati da frenate impegnative e brusche accelerazioni, con due curve (Lesmo e Parabolica) che richiedono comunque un buon equilibrio. La parola chiave per viaggiare a velocità elevate è: profili alari da basso carico. Parliamo di profili piuttosto ridotti come dimensioni e corda e con pochissimi gradi di incidenza, volti a ridurre al minimo possibile la resistenza (la famosa drag force) e che garantiscano un carico appena sufficiente per le curve più impegnative ma soprattutto per le frenate. Sono proprio queste ultime, infatti, a creare i problemi maggiori agli ingegneri (ed ai piloti…), visto che le importanti decelerazioni generano un trasferimento di carico longitudinale che va debitamente tenuto in considerazione dal punto di vista aerodinamico, oltre che da quello meccanico.
La chiave di volta è il bilanciamento tra anteriore e posteriore, che, come ci conferma l’Ing. Basso, influisce sulla stabilità in frenata e sulla trazione: “In genere il bilancio aerodinamico si sposta verso l’anteriore, per bilanciare la necessità di spostare sull’anteriore anche il bilanciamento meccanico, in modo da favorire la stabilità in frenata e migliorare la trazione nelle accelerazioni“. In frenata, infatti, senza un carico ben bilanciato tra avantreno e retrotreno, la monoposto si scomporrebbe troppo, con conseguente perdita di controllo da parte del pilota, mentre in accelerazione la vettura non riuscirebbe a scaricare potenza sull’asfalto (ergo, avere trazione ottimale).
Al di là delle ali da basso carico, comunque, gli ingegneri cercano di limitare al minimo indispensabile la presenza di profili; quindi deviatori e pinne diminuiscono in numero e dimensioni, in modo da ridurre la resistenza all’avanzamento.
PESI: strettamente legato al bilanciamento aerodinamico è il bilanciamento vero e proprio della vettura. Sappiamo che i tecnici hanno la possibilità di collocare zavorra in vari punti della monoposto, in maniera da modificare gli effetti del trasferimento di carico nelle varie fasi di percorrenza. Ancora una volta i momenti critici sono dati dalle importanti frenate e dalle curve veloci, come conferma il nostro ingegnere: “A Monza si punta a privilegiare la stabilità della monoposto nelle curve veloci e soprattutto in frenata. Pertanto si cerca di spostare i pesi quanto più possibile verso l’anteriore. In ogni caso partirei con la stessa distribuzione dei pesi utilizzata a Spa“.
MOTORE: Monza è un circuito piuttosto duro con gli organi meccanici, in particolare con i propulsori, che vengono spremuti realmente al massimo delle loro possibilità. A Monza, circuito dove il pedale del gas è pigiato per circa l’85% del giro, un “ottimo” motore è probabilmente più importante di una “buona” aerodinamica, visto che quest’ultima è ridotta al minimo. “La potenza del propulsore (motore termico + Kers) è fondamentale a Monza – conferma Rodi. E’ uno dei circuiti più duri per il motore a causa dell’elevato valore di WOT (Wide Open Throttle). Per questo motivo, è uno dei circuiti su cui si dimensiona il motore per tutta la stagione“. In questo caso si interviene quindi su mappature che non stressino eccessivamente i componenti, salvo qualche rarissima concessione in caso di sorpasso, in maniera da tenersi quanto più possibile lontani dal limitatore.
CAMBIO: è una delle componenti più influenti sull’intera resa della macchina; innanzitutto perché dalla scelta dei rapporti dipende proprio la resa (e la vita…) del motore, ma anche perché, con poca aerodinamica in frenata ed in trazione, è proprio il cambio ad influire moltissimo sul comportamento della vettura. E’ qui che si gioca il compromesso più importante: serve velocità di punta ma anche trazione nelle accelerazioni, e bisogna evitare una distanza eccessiva tra un rapporto e l’altro, come ci indica il nostro Coach, che ci rivela anche qualche interessantissimo dettaglio extra: “Rispetto ad altri circuiti si utilizza la settima più lunga a disposizione. Alcuni team, inoltre, cambiano anche la marcia conica presente nella parte degli ingranaggi che trasferiscono il moto rotazionale su asse motore in quello su asse ruota“. E proprio nella distanza tra i vari rapporti risiede la difficoltà maggiore: “Rapporti così distanti implicano alti salti di giri tra una marcia ed un’altra; ciò può influire sulla stabilità in frenata, con conseguente necessità di ottimizzare la taratura della cambiata scegliendone una ad hoc per Monza“.
SET-UP: le alte velocità che si raggiungono in rettilineo e la necessaria stabilità nelle frenate, si traducono ovviamente in un tuning specifico, ancora una volta influenzato dall’importante trasferimento di carico che la monoposto subisce a causa delle poderose decelerazioni. I tecnici devono affrontare esigenze diverse e risolvere i correlativi problemi. Le grandi velocità suggerirebbero un assetto piuttosto duro, per evitare che in frenata vi sia un eccessivo “alleggerimento” del posteriore; ma questa scelta si ripercuoterebbe con effetti negativi in accelerazione e in percorrenza di curva, soprattutto nel passaggio sui cordoli: “Non si può andare molto duri sulle barre anti-rollio, in quanto ci sono molti passaggi sui cordoli – ci comunica l’Ing. Basso. Si cerca il limite inferiore di rigidezza sul posteriore per guadagnare in trazione, senza però compromettere l’appoggio e quindi la stabilità nelle curve veloci“.
Anche i valori di camber (campanatura) e toe in/out (convergenza) richiedono aggiustamenti specifici per il tracciato monzese ed il nostro Motorsport Coach ci rivela anche qualche piccolo “segreto”: “Si può provare un camber asimmetrico all’anteriore, dando qualche grado in meno di inclinazione alla gomma destra (quindi gomma più dritta, ndr), in modo da aumentare l’impronta a terra in frenata. La convergenza va impostata ai valori massimi di aperto sia all’anteriore che al posteriore per ottenere la massima stabilità in frenata“.
Ovviamente quando si parla di “assetto” bisogna fare necessariamente i conti con lo stile di guida e le preferenze personali dei piloti, che hanno la possibilità di modificare tutti i parametri disponibili a proprio piacimento. In ogni caso, sono gli ingegneri a fissare il punto di partenza, mettendo nelle mani (e nei piedi…) dei piloti monoposto già pronte ad affrontare le caratteristiche del circuito. “Rispetto a Spa – ci spiega il nostro Coach – partirei con un 2% in più verso l’anteriore come roll-balance e, sempre sull’anteriore, circa l’1% in più di aero-balance“.
FRENI: lo abbiamo ripetuto più volte nel nostro excursus: una delle fasi più critiche nel giro a Monza è la frenata e qui ce ne sono ben quattro davvero durissime, in cui vengono messi a dura prova sia i freni stessi che l’intera meccanica della vettura, più che in ogni altro circuito. A complicare le cose, infatti, ci si mette lo scarso carico aerodinamico con cui viaggiano le monoposto, che riduce notevolmente la possibilità di scaricare efficacemente coppia frenante. Anche in questo caso l’anteriore svolge una funzione importantissima ed è necessario che sia perfettamente a posto. Quando la monoposto frena, subisce un poderoso trasferimento di carico proprio sull’avantreno; il pilota, quindi, deve avere un perfetto brake balance per garantire la massima stabilità alla vettura. L’ing. Basso ci conferma che, anche in questo caso, si predilige un bilanciamento spostato verso l’anteriore.
Infine, poi, vanno necessariamente considerati i lunghi tratti in cui non si frena ma si spinge sul gas (l’85% circa); in queste lunghe distanze tra una frenata e l’altra, l’impianto rischia di raffreddarsi troppo e di fuoriuscire dal range ottimale di funzionamento. Pertanto a Monza vedremo prese d’aria davvero minime, volte ad evitare un over cooling dei freni.